L’intervista al Vicepremier e Ministro degli Esteri Antonio Tajani, pubblicata su Tuttosport, esplora temi centrali per l’impatto economico e sociale dello sport, evidenziando il suo ruolo nella diplomazia e nella promozione dell’immagine del paese all’estero. Inoltre, sottolinea la necessità di investire nello sport scolastico e di garantire l’autonomia delle federazioni sportive dalla politica, pur riconoscendo il ruolo dello Stato nel supporto infrastrutturale.
Sport e diplomazia: un ponte tra i popoli
Lo sport è un pilastro educativo di inestimabile valore. Insegna valori fondamentali per forgiare il carattere e promuovere una crescita morale solida. L’esperienza sportiva non si limita a plasmare atleti, ma forma persone consapevoli, capaci di affrontare con determinazione le sfide della vita, trasformando vittorie e sconfitte in opportunità di apprendimento. È un veicolo culturale di straordinaria potenza, che supera i confini della competizione per radicarsi nella formazione individuale, arricchendo la storia e l’identità di un’intera nazione.
L’agenda politica italiana ha spesso trascurato l’importanza dello sport, relegandolo a una questione marginale. Come evidenziato dal Viceministro, “nell’Italia repubblicana lo sport nasce con il peccato originale di essere stato sfruttato dal fascismo in modo propagandistico, come spesso capita nei regimi autoritari, ma è stato uno sbaglio relegarlo per tanto tempo a questione futile. Noi siamo partiti da Milone di Crotone, il più grande lottatore della sua epoca, il Sinner della Magna Grecia: Milone da Crotone non l’ha mica inventato Mussolini. Insomma, lo sport merita attenzione da parte della politica. Lo sport è importante, anche sotto. il profilo culturale, basti pensare a quanta letteratura è stata prodotta. Una volta lo sport era il passatempo degli ignoranti, ora per fortuna è un momento culturale della vita di una Nazione“.
Lo sport, infatti, non dovrebbe essere più confinato al ruolo di passatempo per pochi. Esso è capace di ispirare, abbattere barriere sociali e politiche, e unire le persone attraverso valori universali. Consapevole di questa forza, Tajani ha creato un ufficio di diplomazia dello sport all’interno della Farnesina, sostenendo l’idea che “lo sport abbatte i confini e stende ponti… Io ho nominato alcuni atleti ambasciatori dello sport per l’Italia: Sinner, Spalletti, Bortuzzo, Cocciaretto e le ragazze della spada. Il loro scopo è portare l’immagine dell’Italia nel mondo, facciamo la settimana dello sport nelle ambasciate e portiamo i nostri sportivi nel mondo che migliorano la visibilità del Paese e delle sue aziende. Lo sport è uno straordinario volano per la diplomazia e non solo“.
Promuovere i valori attraverso i campioni. Il ruolo della scuola
Gli atleti di successo, come Sinner, fungono da modelli per le nuove generazioni, trasmettendo valori positivi e ispirando i giovani a raggiungere i propri obiettivi: “è un ragazzo semplice e umile. Io ho alta considerazione anche della persona oltre che, ovviamente del campione che è eccezionale. Quando è venuto al Ministero è stato gentilissimo con tutti, educato e disponibile. Un campione autentico lo vedi anche da questi particolari. Mai un gesto o un atteggiamento arrogante. E questo è importantissimo, perché i giovani si ispirano ai campioni e se i campioni sono come Sinner, intere generazioni vengono ispirate dai suoi valori“.
Il ministro ha evidenziato anche l’importanza del ruolo della scuola nel promuovere lo sport e sostenere i giovani atleti. Secondo le sue dichiarazioni: “se vogliamo avere più atleti di questo livello (si riferisce agli atleti del tennis, n.d.r.) dobbiamo migliorare lo sport nella scuola, dando più importanza all’educazione motoria da una parte e dall’altra non trattando come dei fannulloni gli studenti che praticano sport agonistico. I professori devono capire e aiutare questi ragazzi che, comunque, fanno sacrifici e devono rispettare una disciplina molto dura. La pratica sportiva poi aiuta a recuperare zone degradate delle città e migliora la salute generale del Paese. Chi fa sport sta meglio e pesa di meno sulla sanità“.
Miglioramento della salute, economia e sviluppo: i dati di Sport e Salute
Lo sport è un volano economico. Genera ricavi attraverso eventi, la costruzione di infrastrutture, la produzione di attrezzature e turismo: “i grandi eventi portano lustro al Paese e generano indotto, oltre a ispirare nuove generazioni alla pratica sportiva. Lo sport è un business: aiuta l’economia. Dalla costruzione degli impianti all’abbigliamento, passando per l’attrezzistica e il turismo. Lo sport è un volano importante sia quando è spettacolo che quando è pratica. E un nodo importante dell’economia di una Nazione, soprattutto di una Nazione come la nostra“. Di conseguenza, lo sport è un settore chiave per il rilancio economico e il posizionamento internazionale di un Paese. La costruzione di nuove infrastrutture sportive, insieme a politiche che promuovano l’accessibilità economica e la diffusione di una cultura sportiva, potrebbe avere un impatto positivo significativo sull’aumento della pratica sportiva in Italia.
Sul versante della salute fisica e mentale, alcune statistiche citate nell’articolo di Tuttosport, hanno calcolato che un euro investito dallo Stato nello sport può rendere 7 euro di risparmio sulla salute pubblica: “Chi fa sport sta meglio e pesa di meno sulla sanità“, spiega Tajani. Nel 2023, Sport e Salute ha pubblicato un report valutando l’impatto dello sport su tre domini chiave: socio-sanitario (salute, benessere, sostenibilità del sistema sanitario), economico (PIL e occupazione), e accessibilità (infrastrutture e fruibilità dello sport). Il rapporto presenta analisi approfondite di questi domini, evidenziando la grave sedentarietà della popolazione italiana, e propone raccomandazioni di policy concrete per incentivare la pratica sportiva, attraverso maggiori investimenti, semplificazione burocratica, promozione dello sport nelle scuole e nei luoghi di lavoro, e campagne di sensibilizzazione.
Lo Stato italiano potrebbe risparmiare 171 euro per ogni persona che smette di essere sedentaria e inizia a praticare sport con regolarità. Se l’Italia si allineasse alla media dei Paesi OCSE in termini di popolazione sedentaria (34,7%), si potrebbero risparmiare 900 milioni di euro ogni anno in costi sanitari. Questi risparmi deriverebbero da un miglioramento dello stato di salute individuale e da una conseguente riduzione della pressione sul sistema sanitario nazionale. Il costo sanitario della sedentarietà in Italia nel 2019 è stato quantificato in 3,8 miliardi di euro, pari all’1,7% della spesa sanitaria pubblica e privata totale del Paese.
Inoltre, le fonti del documento identificano diverse barriere che ostacolano la pratica sportiva in Italia, sia dal lato della domanda che dell’offerta.
Barriere Economiche:
- Costo elevato. In Italia, il 10% dei cittadini non fa sport a causa del costo troppo elevato. Questa barriera è particolarmente rilevante per le famiglie a basso reddito e per i bambini.
Barriere Infrastrutturali:
- Dotazione impiantistica limitata: L’Italia ha una dotazione di 131 impianti sportivi ogni 100.000 abitanti, inferiore alla media europea di 250 impianti e notevolmente inferiore a Paesi come la Finlandia (quasi 600 impianti ogni 100.000 abitanti).
- Mancanza di palestre scolastiche: 6 edifici scolastici su 10 in Italia non sono dotati di una palestra, generando un gap di accessibilità alla pratica sportiva per i bambini.
- Dotazione impiantistica limitata: L’Italia ha una dotazione di 131 impianti sportivi ogni 100.000 abitanti, inferiore alla media europea di 250 impianti e notevolmente inferiore a Paesi come la Finlandia (quasi 600 impianti ogni 100.000 abitanti).
Ci sono anche delle barriere culturali che in qualche modo ostacolano la diffusione della pratica sportiva tra gli italiani. Il 27% degli italiani non pratica sport perché non è motivato o interessato, rispetto al 25% in UE-27. Inoltre, il 31% degli italiani fa attività fisica solo per migliorare l’aspetto fisico, rispetto al 21% in UE-27. Nei bambini di età compresa tra i 3 e i 10 anni la scelta è dominata dal nuoto, che coinvolge il 43% dei piccoli, seguito dal calcio (23,2%) e dalla danza (15,1%).
Questa tendenza riflette una significativa mancanza di diversificazione nella formazione motoria fin dall’infanzia. È paradossale che i giochi sportivi, un tempo praticati tutti i giorni nei cortili e fondamentali per lo sviluppo motorio e psichico, siano ormai marginalizzati. Come abbiamo anticipato tale scenario può essere ricondotto a fattori culturali ma anche strutturali. Da un lato, i genitori che hanno la possibilità economica di far praticare sport ai figli spesso si affidano a credenze popolari, come quella che attribuisce al nuoto un valore universale per lo sviluppo fisico. Tuttavia, il nuoto, sebbene essenziale per la sicurezza in acqua, non stimola le abilità motorie di base – correre, saltare, calciare, lanciare, rotolare, ecc… – che sono invece fondamentali per una crescita completa. Sport come il rugby, che coinvolge molte di queste capacità, o il calcio, che offre una formazione parziale ma significativa (è assente l’abilità di lanciare, ma è presente nel ruolo del portiere), sono spesso trascurati a favore di discipline percepite come “sicure” o “benefiche” ma limitanti.
Un altro elemento cruciale è la carenza di infrastrutture adeguate. Nel dopoguerra, lo sport di strada giocava un ruolo fondamentale nello sviluppo delle abilità motorie e nella socializzazione dei giovani, ma oggi le grandi città non dispongono più di spazi verdi sufficienti per permettere ai bambini di praticare sport liberamente. Questa carenza non è stata compensata con l’aumento di ore di attività motoria a scuola e con la creazione di infrastrutture accessibili e sicure che potessero sostituire questi spazi. Al Sud, la situazione è ancora più grave, con una cronica mancanza di strutture adeguate che crea una disparità territoriale significativa. Questo divario limita la scoperta e lo sviluppo di talenti sportivi, spezzando di fatto il Paese in due e riducendo il bacino di utenza a cui il sistema sportivo italiano può attingere.
Incentivare la pratica sportiva attraverso investimenti mirati consentirebbe di generare esternalità positive a livello sociale, economico e sportivo. Nonostante i vantaggi su tutti gli aspetti, la spesa pubblica italiana dedicata allo sport si colloca al 16° posto nell’UE-27, il nostro Paese investe meno rispetto ad altre nazioni europee. I dati fanno ancora più riflettere se leggiamo che nel 2019, la filiera estesa dello sport ha generato un valore aggiunto di 24,5 miliardi di Euro, pari all’1,37% del PIL nazionale.
“Lo sport è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna, e la sua assenza non potrà mai essere compensata”
— Pierre de Coubertin, fondatore dei moderni Giochi Olimpici
Il caso Yamal
Un altro tema toccato dal Ministro riguarda alcune limitazioni legali che potrebbero ostacolare l’emersione di giovani talenti nati in Italia da genitori stranieri. Lamine Yamal è un calciatore professionista che gioca per il Barcellona e la nazionale spagnola. Nonostante la giovane età, ha già lasciato un’impronta significativa nel calcio internazionale, contribuendo in modo determinante al successo della Spagna agli Europei del 2024. La sua partecipazione a un torneo di tale prestigio a soli 17 anni evidenzia non solo il suo talento, ma anche le differenze legislative tra i Paesi riguardo all’acquisizione della cittadinanza. In Spagna, Yamal ha potuto ottenere la cittadinanza in giovane età, grazie a leggi che facilitano l’integrazione dei figli di immigrati. In Italia, invece, le normative attuali richiedono che i figli di genitori stranieri nati sul suolo italiano attendano il compimento dei 18 anni per richiedere la cittadinanza. Questo implica che, in un contesto simile, un giovane talento come Yamal non avrebbe potuto rappresentare l’Italia in competizioni internazionali prima della maggiore età. “Sarebbe giusto che ci sia e non solo per gli sportivi di alto livello come Yamal.
Perché se sei nato in Italia o hai frequentato tutte le scuole in Italia, a sedici anni se vuoi essere italiano devi poterlo essere. Lo possono diventare a diciotto anni quelli che non hanno combinato nulla o magari hanno fatto i delinquenti, non vedo perché un ragazzo che ha imparato la lingua e la cultura e che ha praticato sport nella scuola, che ha vissuto come uno studente italiano non possa ritenersi italiano. Io vado oltre lo Ius Scholae, parlo di “Ius Italiae” non è una proposta lassista, la cittadinanza italiana è una cosa seria, ma un grande Paese deve avere la forza di integrare, non sono loro che ci condizionano, ma siamo noi che diamo loro l’accoglienza, come accadeva fin dall’Impero Romano. Lo dico da uomo del centrodestra, il centrodestra non deve essere oscurantista, deve aprirsi a questo“.
Recentemente avevamo esplorato i benefici dello sport giovanile, le condizioni necessarie per massimizzarne il potenziale educativo e le principali barriere che limitano l’accesso a tali opportunità per bambini e adolescenti in questo articolo.
Fonte: Tuttosport 17-11-2024