Solo. Più del solito. E lo sai da subito, sin da quando decidi di volerlo fare: il portiere è solitudine. O meglio, “convivenza con te stesso”, che forse è ancora peggio. Hai tempo per pensare, riflettere, rimuginare. E non aiuta, quasi mai. Non scoprirai mai la generosità di un compagno che viene a raddoppiare quando sei in difficoltà, non comprenderai mai l’altruismo di un altro compagno nel servire l’assist al centravanti in difficoltà. Tu sei sempre lì, solo. Sulla linea di porta, forse qualche passo più avanti: se i tuoi compagni segnano si abbracciano tra di loro, tu sei troppo distante; ti giri verso i tuoi tifosi, più vicini, per cercare anche solo uno sguardo, ma “quelli” si abbracciano tra di loro. E resti solo. Se poi invece sbagli… Continua a leggere Karius, la solitudine del numero uno