La redazione riporta per intero, l’articolo redatto da Giulia Zonca.
La statistica rischia di rivoluzionare il calcio di rigore. I numeri di questo campionato raccontano di fallimenti a ripetizione, dieci goal sbagliati su 29 tiri dal dischetto cioè una percentuale di errore (il 33,3) che è la peggiore degli ultimi vent’anni e il punto è che dietro i dati ce ne sono altri. Tantissimi altri. Quelli studiati e catalogati dai portieri, una volta vittime dell’occasione perfetta, al massimo capaci di distrarre l’avversario in modo scenografico mentre ora puntano a intercettarlo. Non c’è più solo lo scontro di passioni divise da 11 metri: cuori palpitanti, sguardi che si incrociano, sfida da Far west e Nino non aver paura di con tutto quello che segue. Adesso c’è anche il computer,un’infinità di casistiche incrociate a immagini, a calcoli, ad abitudini. schedate in un football data che diventa sempre più protagonista. Chi sta tra i pali sa cosa potrebbe succedere e se è abbastanza bravo può usarlo. Studiano e parano. In teoria il rigore è una sentenza o almeno lo era. Si diceva che non è mail il numero uno che para, è sempre chi va al tiro che sbaglia. A volte è ancora vero. Larrondo tremante alla prima giornata davanti ad Handanovic in Torino-Inter è un buon esempio del vecchio schema che in realtà non ha nulla di matematico. Emozione pura, se il rigorista è immune, la palla entra in rete. Altrimenti parte il tormento,l’ansia, l’aspettativa e più conta la partita più il momento è difficile e anche i migliori, quelli con la mira perfetta, possono perdersi. Ma non c’è solo questo. Quel tipo di errore, fisiologico, non sale al 33,3 per cento dopo 9 giornate. Questa è una nuova fase. I portieri hanno smesso di sentirsi battuti. Esistono degli specialisti come Handanovic (due parate fino a qui) che aveva già fama di fermarigori prima della nuova tendenza ed è tanto lucido da non buttarsi mai prima che la palla si muova come Krul, la riserva trainata in partita da Van Gaal ai mondiali proprio quando l’Olanda si giocava il passaggio in semifinale dal dischetto. Poi c’è l’ultima generazione. Forse non è un caso che gli altri due portieri capaci di bloccare già due penalty in questo inizio di Serie A siano entrambi del 1992: Bardi del Chievo e Sportello dell’Atalanta. Giovani, esordienti o quasi, sprezzanti del pericolo e abituati a scannerizzare chi hanno davanti. Giocatori robocop che hanno ghiacciato i nervi e stravolto la casistica. Non è più la lotteria dei rigori, è la scienza del rigore. Ciò non significa che deviare o bloccare quel pallone che arriva da distanza ravvicinata sia semplice o che ci sia una formula che annulla il vantaggio di chi tira. Ovviamente è sempre lui che ha le possibilità maggiori però i numeri stanno cambiando. Dieci errori e nove parate, una sintesi dell’evoluzione e un allarme che i tecnici iniziano a valutare. Avere un solo rigorista designato può diventare controproducente. Al Napoli Higuain ha già fallito due volte e Benitez, il suo tecnico, ga detto: “Forse la situazione va rivista, hanno analizzato troppo bene il suo stile”. Il margine di errore sale e la rassegnazione del portiere scende: non aspetta più che l’altro crolli. Prova ad agire. Senza ballare sulla linea di porta.