Fonte Raffaele R. Riverso Tuttosport
30 anni fa moriva l’unico portiere in grado di vincere il Pallone d’Oro.
La storia racconta che Lev Yashin giocasse in porta in fabbrica, parando tutto ciò che i suoi colleghi gli lanciavano. Sono passati 30 anni dalla sua morte, giunta all’età di 60 anni per un tumore allo stomaco. Fumatore incallito, vizio che, nel 1982 gli provocò una trombosi con la conseguente amputazione di una gamba.
Fu un precursore dei tempi. Alto, agile, sicuro, dagli ottimi riflessi, perfetto nelle uscite alte, il primo a non aspettare l’attaccante sulla linea di porta. Delle 326 gare disputate con la Dinamo Kiev molte finirono con la porta inviolata. Il pallone d’oro lo vinse dopo quella spettacolare partita amichevole tra Inghilterra e il Resto del mondo.
Si era ritirato 12 anni prima l’intervento alla gamba, subito dopo il mondiale del 1970. Fece parte della nazionale come terzo portiere ma, come molti dicono, era a tutti gli effetti il secondo del commissario tecnico sovietico Gavril Kachalin. La loro marcia s’interruppe ai quarti di finale, esattamente come nel 1958 in Svezia e nel 1962 in Cile. In quelle due edizioni, Yashin era il titolare inamovibile, così come nel 1966, quando la Germania Ovest li sconfisse in semifinale in Inghilterra. La consacrazione a livello mondiale, con due medaglie d’oro vinte, avvenne nel 1960 all’europeo e successivamente ai giochi olimpici di Sydney.
Subito dopo l’Europeo, Yashin era nel mirino del Real Madrid di Di Stefano. Lui rifiutò: “Non posso proprio immaginare a una vita lontana dalla Russia“. Fedele alla Dinamo Mosca l’unico club della sua vita. La figlia Irina testimonia che “se avesse firmato quel contratto, oggi non avrebbe uno stadio a suo nome” e forse neanche l’ordine di Lenin (unico calciatore), non sarebbe mai stato nominato Eroe del Lavoro Socialista né tantomeno avrebbe avuto il poster ufficiale del mondiale in Russia nel 2018.