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L’aumento degli infortuni nel calcio: il ruolo del portiere tra calendario fitto e fatica

Infortuni

Il calendario calcistico odierno è molto più congestionato rispetto al passato. I giocatori partecipano a numerose competizioni nazionali e internazionali, che li portano a disputare molte partite in un breve lasso di tempo. Questo aumento degli impegni contribuisce al sovraccarico fisico e mentale, causando un incremento degli infortuni nel calcio moderno.

Il nuovo calendario

Negli ultimi tempi, il mondo del calcio è stato scosso da una serie di infortuni che hanno colpito giocatori di alto profilo, sottolineando un problema crescente: i calciatori hanno bisogno di riposo. Nelle settimane recenti, stelle come Rodri, Bremer, Carvajal e Zapata hanno dovuto concludere anticipatamente la loro stagione a causa di problemi fisici. Questa tendenza non sembra rallentare, con notizie che continuano ad arrivare su altri giocatori costretti a fermarsi durante i ritiri delle nazionali o impossibilitati a parteciparvi dopo aver riscontrato infortuni durante le analisi mediche. L’ultimo di questa lista è il portiere del Liverpool, Alisson, che sarà fuori dai campi per circa un mese e mezzo. Questi episodi sollevano interrogativi sull’eccessivo numero di partite in programma, affrontate e potenzialmente da affrontare, mettendo in luce la necessità di rivedere il calendario calcistico per preservare la salute degli atleti.

Alcuni esempi

Un caso emblematico è quello di Phil Foden, giovane talento del Manchester City, che potrebbe arrivare a disputare fino a 83 partite al termine di questa stagione. Nella successiva, il numero potrebbe salire addirittura a 89 partite. Questi numeri sollevano seri interrogativi sull’impatto che un calendario così fitto ha sulla salute degli atleti.

I dati del Player Workload Monitoring (PWM) 2023-2024 pongono una riflessione: su 1.500 giocatori presi in esame, il 54% presenta un carico di lavoro eccessivo, e il 30% di loro gioca più di 55 partite all’anno. Visto che le evidenze scientifiche hanno da tempo stabilito una correlazione diretta tra l’aumento delle partite giocate e l’incremento del rischio di infortuni, tale tendenza, ovvero di giocare tante partite, potrebbe alzare ancora di più il numero degli infortunati.

Quando il calendario è denso di impegni, con partite ogni tre giorni, l’attività sul campo si focalizza principalmente sul recupero dei giocatori reduci dall’ultima gara e sulla preparazione fisica di coloro che hanno avuto meno spazio. Di conseguenza, i giocatori più talentuosi smettono di allenarsi con regolarità, o comunque non riescono a farlo in modo continuativo, mentre quelli meno utilizzati faticano a migliorare le loro prestazioni. Gli allenamenti, infatti, sono orientati al mantenimento della condizione fisica ottimale, a discapito dello sviluppo tecnico. Non c’è abbastanza tempo, poiché una partita segue immediatamente l’altra. Inoltre, va considerato che il modo di giocare delle squadre è profondamente cambiato rispetto al passato: oggi si pratica un calcio molto più fisico, caratterizzato da alta intensità, con l’obiettivo di mettere costantemente sotto pressione l’avversario. In campo, i giocatori eseguono movimenti estremi, e senza un adeguato equilibrio tra riposo e allenamento, il rischio di infortunio aumenta sensibilmente.

Il caso dei portieri

Bisogna poi considerare lo stress psico-fisico accumulato, che risulta ancora maggiore per i giocatori sudamericani che militano in Europa, specialmente in Premier League. Si stima che Cristian Romero (Argentina e Tottenham) abbia percorso circa 163.000 km nella scorsa stagione. Julián Álvarez (Argentina e Manchester City, ora all’Atletico Madrid) è stato convocato per 83 partite, partecipando a un totale di 39 trasferte.

Non è solo il fisico a essere sotto pressione, ma anche la mente, con ripercussioni negative su vari aspetti delle prestazioni psicomotorie specifiche dello sport, come il processo decisionale, il tempo di reazione e la precisione. La costante concentrazione richiesta in partita e la pressione per ottenere risultati incidono negativamente sul benessere psicologico dei giocatori.

Infortuni
Grafico – Fonte: Troppe partite, più infortuni: “Uefa e Fifa pensano solo ai soldi”, La Stampa

Il sovraccarico di partite colpisce anche i portieri, i quali, da sempre, fanno degli aspetti mentali il loro punto di forza e, per tale ragione, potrebbero essere i più sensibili a questo tipo di fatica. Analizzando i dati, si nota come il numero di partite giocate dai portieri di alto livello sia aumentato costantemente nel tempo. Dino Zoff, nella stagione 1972-1973, e Walter Zenga, nel 1990-1991, disputavano in media tra le 38 e le 48 partite a stagione. In confronto, nella stagione 2024-2025, si prevede che Gianluigi Donnarumma potrebbe arrivare a giocare fino a 75 partite tra club e nazionale.

Possibili soluzioni

Senza un adeguato recupero e un bilanciamento con l’allenamento, diventa molto difficile ridurre il rischio di infortuni nei calciatori. La soluzione ideale potrebbe essere quella di giocare meno, allenarsi in modo efficace e continuo, per ridurre gli infortuni, mantenere i giocatori chiave a disposizione e permettere agli altri di migliorare e sfruttare le proprie opportunità. Un tentativo in questa direzione è stato fatto al Real Madrid, dove Carlo Ancelotti ha pianificato settimane di riposo o ferie supplementari a rotazione per i giocatori più stressati.

Nel caso dei portieri, le squadre impegnate in competizioni europee o con convocazioni in nazionale potrebbero considerare l’idea di avere due portieri “titolari”, ovvero due numeri uno in grado di alternarsi tra i vari impegni, garantendo così un migliore equilibrio e riducendo il rischio di sovraccarico.

Fonte:

L’ultimo crociato di Francesco Manassero, La Stampa 8 ottobre 2024 (edizione cartacea)

Troppe partite, più infortuni: “Uefa e Fifa pensano solo ai soldi” di Nicola Balice

La Corte Ue: più facile per i calciatori svincolarsi dai club di Marco Bellinazzo

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