di Stefano Baroncini e Daniele Borri
La gestione del pallone con i piedi per il portiere ha sempre rappresentato e tuttora rappresenta, una specifica del ruolo in continua evoluzione. Il primo grande cambiamento risale al 1992 con l’introduzione della regola che, su di un retropassaggio effettuato con il piede da parte di un compagno, nega al portiere la possibilità di impossessarsi del pallone con le mani. Da quel momento, tutto è cambiato.
Luca Marchegiani, spiega senza particolari giri di parole, quanto questa novità regolamentare ha rappresentato un vero e proprio shock per i portieri del tempo: “Per me è stato drammatico! Non ho mai avuto la giusta attitudine al gioco con i piedi. Nella mia vita, è stata la prima volta che ho calciato una rimessa dal fondo.” È evidente come la prestazione dei numeri uno e di conseguenza anche le proposte di allenamento si modificarono per far fronte a questo grande cambiamento.
Nel corso degli anni i portieri hanno necessariamente perfezionato le proprie qualità, provando a colmare quella che si poteva definire come una lacuna tecnica ma comprensibilmente derivante dal regolamento antecedente al ‘92. Sin da piccoli oggi, rispetto al passato a qualsiasi livello, i portieri imparano a gestire la palla con i piedi, infatti in Italia è ormai raro trovare giovani numeri uno che non sappiano utilizzare i piedi in proporzione al livello in cui giocano, almeno con piede dominante. Fino a pochi anni fa invece era consueto trovare Giovanissimi o addirittura Allievi con i quali era necessario costruire interamente questo tipo di gestualità. Si è poi arrivati ad un altro momento chiave per il calcio, che possiamo ricondurre alla prima esperienza di Guardiola nel Barcellona (2008/2009). È infatti la stagione calcistica in cui il mondo del calcio conosce il celebre, quanto ormai bistrattato “Tiki-Taka”.
Andando oltre al famoso nome che venne scelto per definirlo, si trattava di un nuovo tipo di interpretazione del gioco e di conseguente organizzazione di squadra, che prevedeva una costruzione del gioco dal basso che permettesse di poter gestire la sfera, mantenendone il possesso. La volontà era quindi quella di avere il controllo del pallone ed il comando del gioco, in tutte le zone del campo. Questa scelta da parte dell’allenatore, portava in maniera evidente ad un ampio coinvolgimento del portiere.
Ha rappresentato una sostanziale novità, come richiama alla memoria, Victor Valdes che ricorda di aver pensato di Guardiola che fosse un pazzo, quando prendendo la lavagna, ha posizionato i due centrali difensivi vicino alla linea di fondo, aggiungendo che sarebbero sempre stati loro ad iniziare l’azione. Per Valdes, e non solo lui, i difensori non avrebbero mai avuto il coraggio di voler sempre la palla. Guardiola avrebbe convinto loro del contrario.
Anche in questo caso sono nate nuove necessità, da parte del portiere e di conseguenza da parte del suo allenatore. Per far fronte alle nuove e numerose richieste e per potersi esprimere al meglio in gara, il numero uno doveva cercare un costante e maggiore miglioramento tecnico specifico oltre a dover essere ampiamente coinvolto nelle esercitazioni con la squadra.
Dopo questo primo periodo diverse squadre, a tutte le latitudini e di qualsiasi valore, hanno proposto un calcio fondato sui principi introdotti dal tecnico catalano. Dal 2008 ad oggi, sempre con riferimento la fase di costruzione ed il coinvolgimento del portiere, molteplici sono state le proposte, le interpretazioni ed anche le mode, che il gioco ha evidenziato. Come non citare infine la recente introduzione della nuova regola sulla rimessa dal fondo, che ha portato ad un altro, ma probabilmente meno sostanziale, cambiamento.
Con questa premessa vogliamo introdurvi ad un’analisi del ruolo del portiere nella fase di costruzione e di possesso, che ha come obiettivo quello di provare a fare chiarezza ed ordine su come evolve davvero il gioco del calcio ed il ruolo del portiere, che tutti amano definire moderno. Un’analisi che cerca di definire, in maniera oggettiva, cosa richiedere alle nuove generazioni di estremi difensori.
Le mode
All’inizio dell’articolo abbiamo riportato il concetto di MODA, riferendoci al contesto calcio ed in particolare al ruolo del portiere. Quentin Crisp, in una sua celebre frase, affermava: “La moda è ciò che segui quando non sai chi sei”. L’affermazione dello scrittore britannico ha evidentemente poco a che fare con lo sport in generale, ma probabilmente definisce in maniera estremamente chiara il concetto di moda indipendentemente dal suo contesto.
Entrando nello specifico del portiere riteniamo che, nel corso degli anni, spesso ci si sia imbattuti in interpretazioni del ruolo ed in scelte tecnico-tattiche dettate quasi esclusivamente dalla volontà degli allenatori dei portieri di seguire una novità, solamente perché tale. Questa scelta spesso è stata fatta senza approfondire i reali concetti e soprattutto senza valutarne in maniera chiara i possibili vantaggi, svantaggi e modalità di insegnamento.
Tutto ciò ha probabilmente creato un po’ di confusione, dovuta anche ad alcune cattive interpretazioni da parte di noi allenatori. Basti pensare all’enfasi susseguente alla pubblicazione del Libro/Dvd “L’attacco alla palla” (Filippi 2006) che ha portato molti tecnici ad estremizzare una proposta tecnica e di interpretazione del ruolo, senza però valutarne a pieno la proposta.
Nel trasferire tale concetto infatti, non si è valutata la possibilità che il portiere potesse agire anche in modalità differenti oltre all’attacco della palla.In antitesi, negli anni a seguire, anche in Italia ci siamo ritrovati ad insegnare, purtroppo anche nei giovani, l’intervento a croce, senza probabilmente conoscerne davvero finalità e conseguenze.
Si è andato quasi a snaturare un’impostazione quanto mai efficace e consolidata che ha sempre distinto e contraddistinto la modalità di intervento della filosofia italiana e dei suoi portieri ovvero, risolvere tali situazioni in maniera attiva, mantenendo la posizione di attesa accompagnando l’attaccante e successivamente, se necessario, eseguire un’uscita a contrasto o a muro, nel caso in cui non si verifichi il tiro.
Facendo invece riferimento alla fase di possesso si è passati dalla volontà di costruire il gioco valutando, in maniera spesso poco efficace, solo la possibilità di giocate sul corto ad un’ultima frontiera, quanto mai discutibile, dell’estremo difensore in guida della palla all’interno della propria metà campo, distante 30/35 mt. dalla propria porta.
Affermato questo però bisogna necessariamente chiarire che la costruzione del gioco non rappresenta una moda. È infatti una scelta dell’allenatore, che ha come obiettivo chiaro quello di portare la palla “pulita”, giocabile e possibilmente rasoterra, ai giocatori offensivi e di maggior talento. Spesso molti allenatori hanno definito giustamente tale scelta “un rischio calcolato”, definendo anche la possibilità che, se non si è in superiorità numerica dietro o si verifica una pressione molto aggressiva, si può decidere di non costruire dal basso ma ricercare una giocata in avanti.
Questa volontà è assolutamente chiara e condivisibile. Come “forte” esempio riportiamo una celebre frase di Mister Gattuso che, a fronte di un errore in fase di possesso da parte del proprio portiere Ospina, ha dichiarato: “La colpa è sempre mia, perché sono io che chiedo di ricominciare dal basso, di ripartire dal portiere”. Dichiarazione che dà enorme forza a giocatori e staff tecnico, nel condividere lo stesso pensiero.
Parlando di coerenza della proposta ci piace sottolineare che essa debba avvenire attraverso messaggi credibili, con proposte di allenamento chiare e coadiuvate da posizionamenti tattici funzionali al gioco ma allo stesso tempo sicuri, diremmo quasi preventivi a difendere la porta qualora si perdesse la sfera.
Dal punto di vista prettamente tattico infatti, notiamo come ultimamente ci sia la ricerca quasi spasmodica di un portiere definito “tatticamente propositivo” che abbia quindi posizioni, in entrambe le fasi, molto spregiudicate. Tale atteggiamento sembra garantire un portiere più intraprendente, più coraggioso e più portato a risolvere situazioni. Un portiere che occupa spazio, a nostro giudizio però, in maniera estremizzata, molto rischiosa e poco coerente.
È evidente che le mode nel calcio possano talvolta fuorviare ed essere controproducenti. È necessario analizzare tutte le nuove dinamiche che il gioco propone e, a fronte di tale considerazione, trovare le soluzioni che riteniamo opportune e realmente efficaci, provando a trasferire concetti chiari ai nostri atleti ed allenandoli di conseguenza.
Riteniamo che la novità rappresenti sicuramente un’occasione di confronto, spesso di crescita, indubbiamente di apertura mentale, ma necessariamente di ricerca ed analisi oggettiva. Dobbiamo sempre conservare uno spirito critico fine ed una qualità di analisi alta, così da poter essere in grado di scegliere e di conseguenza trasferire concetti, senza snaturare appunto per moda o narcisismo, ciò che da sempre caratterizza e costituisce l’affascinante ruolo del portiere.
Richieste del gioco ed esperienza nel settore giovanile
Nel calcio di alto livello, per quanto riguarda la gestione del pallone con i piedi, le caratteristiche che abbiamo riscontrato essere comuni sono principalmente:
- Variabilità nel gioco (corto, medio, lungo);
- Abilità nell’uso di entrambi i piedi;
- Qualità nel gioco lungo;
- Capacità di giocare sotto pressione (creare superiorità, essere l’«uomo in più», “fissare “per attendere la prima pressione per giocare dietro);
- Creazione di una linea di passaggio dopo la giocata (sostegno).
Si può facilmente evincere come le richieste siano numerose e la necessità di un ampio bagaglio tecnico sia fondamentale. Appurata l’importanza dell’aspetto tecnico risulterà inoltre decisiva la capacità del portiere di scegliere, leggere e risolvere le situazioni di gioco, oltre che di sapere gestire i diversi momenti della gara nonché del proprio aspetto emotivo.
Basandoci sulle nostre esperienze nel Settore Giovanile, riscontriamo facilmente quanto le caratteristiche sopra citate per il portiere siano importanti anche in fase di formazione.
La base di tutto è un presupposto imprescindibile: l’organizzazione di squadra! Qualsiasi ragionamento sulla fase di possesso del portiere decade se non si ha a che fare con un contesto di squadra chiaro e ben organizzato. All’ interno di questo tipo di organizzazione, si evidenzia un evidente coinvolgimento del portiere, si definisce la fase di costruzione come un “rischio calcolato” e soprattutto si ha un unico messaggio da parte di tutto lo Staff. Riteniamo possano essere questi i punti cardine su cui successivamente impostare il lavoro e di conseguenza la formazione.
Tra le caratteristiche peculiari del Portiere che noi prediligiamo abbiamo sempre sottolineato il suo equilibrio e la sua capacità di trasmettere sicurezza ai compagni. Ecco perché dobbiamo poter dare sempre certezze oltre che conoscenze al giovane portiere, affinché non si ritrovi in difficoltà nel contesto gara. Decisive saranno le nostre scelte di Staff, dobbiamo avere come obiettivo quello di porre il nostro portiere in una situazione di controllo e confidenza, senza complicarne particolarmente la sua prestazione, facendogli vivere in allenamento tutte le situazioni di gioco più frequenti in gara.
Focus tecnico (alcune considerazioni)
In queste ultime stagioni, nella fase di possesso del portiere, si è assistito ad una particolare novità. Alcuni esponenti del ruolo come Pollersbeck (Amburgo), Onana (Ajax) e Ter Stegen (Barcellona) hanno proposto una conduzione del pallone frontale, che li ha portati a gestire il pallone con i piedi fino a 30/35 mt di distanza dalla propria porta.
Se in alcuni casi tale scelta ha portato a trovare una giocata corta ed interna (comunque rischiosa), nella maggior parte delle circostanze ha portato ad una minore efficacia da parte del portiere. In quella zona infatti l’estremo difensore si trova con meno spazio e tempo a disposizione, ha inoltre davanti a sé una densità (tra compagni ed avversari) molto alta.
Ecco spiegato il perché le soluzioni diventano meno efficaci. Il portiere si trova molto spesso ad effettuare una rischiosa imbucata interna, un lancio lungo sull’esterno alto (palla da contendere) o una giocata vicina ad un compagno pressato, con conseguente corsa all’indietro per ricevere l’eventuale retropassaggio, dovendo il più delle volte eseguire un controllo retrocedendo.
Anche la volontà di guidare verso l’avversario porta con sé un rischio molto alto con conseguente possibilità di un dribbling maldestro, di un contrasto o di un rilancio frettoloso a fronte di una pressione forte ed organizzata. A seguito di questa semplice analisi pare quindi non esserci particolare beneficio in questa scelta.
Diversa invece la situazione in cui il portiere, all’interno della propria area di rigore o nei pressi di essa, decide di mantenere il pallone fermo in proprio possesso davanti a lui o di “condurlo” per un paio di metri: questo atteggiamento quasi di attesa serve a fissare e attrarre un avversario per giocare dietro alla prima pressione. Scelta riconducibile alla volontà di eludere una situazione di 1c1 a tutto campo e cercare la giocata per l’uscita del gioco, sul terzo uomo.
Paradossalmente quindi più avanti si chiede di giocare al portiere, più perde di efficacia. Più avanti si posiziona, più la squadra avversaria è stretta e minori sono gli spazi disponibili per liberare i compagni. Un rischio, quello della conduzione così esasperata, che non porta alcun reale beneficio.
Il posizionamento tattico in fase di possesso e non possesso
È bene ricordare che per definizione chiamiamo tattica quel comportamento che è stato pianificato in vista di una gara, impostato sulla propria capacità di prestazione, su quella dell’avversario e sulle condizioni esterne (Weinek 2009). In altre parole possiamo intendere per tattica il posizionamento del portiere nello spazio, in funzione della sua comprensione del gioco.
È luogo comune oggi sentire di allenatori che incoraggiano i portieri ad assumere in fase di non possesso posizioni particolarmente avanzate anche 15/20 mt fuori dalla propria area di rigore prendendo spesso le sembianze di difensori centrali aggiunti, ritenendo tali atteggiamenti come intraprendenti, propositivi, coraggiosi, che qualcuno definisce proattivi e facenti parte di un portiere moderno.
Per quanto riguarda la fase di possesso invece spesso è richiesto come descritto precedentemente, di condurre palla o posizionarsi ad altezze di campo particolarmente lontane dalla porta e talvolta di abbandonarla per fornire sostegno quando probabilmente non sarebbe poi così necessario.
Ci piace ricordare che da sempre il ruolo del portiere ha come compito primario la difesa della porta e quindi i suoi posizionamenti dovranno essere in primis funzionali per rispondere a questa necessità garantendo con equilibrio un’occupazione efficace dello spazio in avanti e in ampiezza attraverso un pensiero molto rapido, basato sui vantaggi e svantaggi che una specifica posizione può determinare.
Per quanto riguarda invece le posizioni eccessivamente fuori dall’area di rigore in fase di non possesso, riteniamo sia molto più semplice muoversi in avanti che dover correre rapidamente verso la porta mantenendo il controllo della palla e degli avversari, senza perdere i riferimenti.
In modo particolare per chi opera con i giovani pensiamo sia di fondamentale importanza fornire delle posizioni tattiche didatticamente chiare e comprensibili con punti di riferimento ben noti, facilitando in questo modo anche gli spostamenti di recupero della porta durante le transizioni negative.
A supporto di tali conoscenze tattiche consideriamo utile che in settimana vengano allenati quegli elementi tecnici come “uscite di testa in volo” e “scivolate“ che consentiranno al portiere di sbrogliare quelle eventuali situazioni di pericolo nelle quali sarà necessario coprire rapidamente un grosso spazio in avanti senza poter utilizzare le mani.
Come in molti ambiti della vita, anche nello sport spesso è bene che ogni cosa venga acquisita per gradi, sarà quindi necessario partendo dai più piccoli imparare a conoscere in primis l’area di porta, le sue misure e quindi il suo spazio. Una volta ben chiari questi elementi, si potranno esplorare spazi sempre più ampi, quindi l’area di rigore e, una volta conosciuto anche questo ci si potrà addentrare nei 5-6 metri oltre l’area di rigore.
Il posizionamento tattico inoltre è strettamente correlato alle capacità coordinative e se vogliamo anche emotive ambientali. Se ad esempio il portiere si troverà in un grande stato di forma sarà molto probabile che avrà delle posizioni più aggressive rispetto a quando si trova in un momento di difficoltà, allo stesso modo potrà giocare un poco più basso qualora giochi in un campo particolarmente viscido quindi la palla tenderà a correre più velocemente verso di lui rispetto a quando potrà giocare in un campo fangoso dove la palla tenderà a fermarsi.Per questo motivo riproponiamo un’immagine che rappresenta, secondo il nostro punto di vista in maniera estremamente chiara e didattica, le possibili posizioni in fase di possesso e non possesso che i portieri, in modo particolare i più giovani, possono avere durante il gioco (Il Nuovo Calcio, Ferdinando Scarpello 2013)
La rappresentazione è esclusivamente sul piano della profondità ma fornisce comunque un valido supporto didattico. Posizionamenti differenti o particolari rimangono parte intrinseca delle caratteristiche di un atleta, non riconducibili esclusivamente ad aspetti prettamente didattici e di insegnamento, ma propri dell’individuo (aspetto talentuoso) legati ad aspetti coordinativi, esperienziali oltre che al livello della sua spiccata o meno capacità di riconoscere in modo predittivo il gioco.
Conclusioni
In un calcio moderno dove gli attaccanti cercano di mettere in difficoltà i portieri attraverso una pressione di tipo spaziale e temporale, ecco che il primo controllo diventa fondamentale perché consente ai numeri uno di ottimizzare il tempo a disposizione e facilitare la successiva giocata. In allenamento sarà quindi importante stressare ogni forma di controllo all’interno di esercitazioni nelle quali si richiederà, una volta appresa la gestualità tecnica, la rapida ed efficace esecuzione. I portieri dovranno quindi saper stoppare in diverse modalità la palla in maniera corretta sia con il piede destro che con il sinistro; questa infatti è una delle caratteristiche che contraddistingue un portiere d’alto livello.
Altri dettagli divenuti importanti, ma che spesso dipendono dalle qualità individuali (talento tecnico in questo caso) del numero uno, sono la capacità di assumere una postura del corpo che tende a non dare informazionisia sul controllo che sul tipo di passaggio (con l’eventuale utilizzo di finte) e la capacità di scegliere quando fissare/aspettare, per giocare dietro la prima linea di pressione avversaria, dopo eventualmente un paio di tocchi frontali.
Consigliamo si propongano esercitazioni analitiche, di tecnica applicata e situazionali nelle quali i portieri calcino con entrambi i piedi sia sulle brevi, medie, sia sulle lunghe distanze. È evidente che con il solo gruppo portieri si potranno realizzare facilmente esercitazioni analitiche e di tecnica applicata; più complesso risulterà la realizzazione, per ovvi motivi, delle situazioni di gioco. In tali situazioni con il solo gruppo portieri infatti, sarà possibile sollecitare la capacità di scelta rapida, il riconoscimento di superiorità elementari piuttosto semplici, rispetto a quelle che si possono verificare all’interno di esercitazioni con la squadra.
Crediamo infatti che l’evoluzione della metodologia dell’allenamento in merito a questo aspetto, non dipenda da posizionamenti tattici folli, scriteriati, poco equilibrati e senza alcun tipo di vantaggio evidente, ma parta dalla collaborazione con gli allenatori nella realizzazione di proposte di allenamento che coinvolgano il portiere e i suoi compagni. Realizzare quindi possessi con portieri a sostegno o, ad esempio costruzioni di gioco con contrapposizione di moduli, anche in funzione della gara che si andrà ad affrontare, riteniamo possano essere una validissima soluzione a completamento del nostro lavoro.
Il segreto infatti è sicuramente legato alle esperienze oltre che ai “piedi” e alle giuste scelte, ma anche alla disponibilità che i difensori offrono, ponendosi in una zona di campo libera, pronti a ricevere il passaggio; senza dimenticare l’empatia che si crea con i compagni di reparto nel vivere tali situazioni nei diversi momenti della partita oltre che dell’allenamento.
Per quanto concerne il lavoro che ci riguarda in prima persona e le nostre esercitazioni, dovremo porre attenzione oltre a tutte le forme di controllo, passaggio e calcio , al DOMINIO DELLA PALLA, che potremmo definirlo come la destrezza podalica utile nelle giocate nello stretto, nello spostare rapidamente la palla per ricercare movimenti utili all’uscita del gioco, e perché no, risolvere con movimenti fini anche quelle situazioni di emergenza con pressioni forti o per districarsi efficacemente da situazioni particolarmente complicate.
Alla capacità di dominio della palla bisogna ormai necessariamente migliorare la capacità di calcio lungo che risulta esser una soluzione vantaggiosa nelle fasi di pressing ultra-offensivo per ricercare la parità o superiorità numerica in avanti e quindi anche dei rinvii da palla in mano, che dovranno essere tesi, veloci e precisi.
Riteniamo che le nostre energie debbano essere spese nell’intento di dedicare il giusto tempo in allenamento a tutte le caratteristiche difensive ed offensive che il portiere deve conoscere per affrontare la gara, avendo ben presente che molto probabilmente il tempo che dedicheremo ad un aspetto tecnico-tattico lo toglieremo ad un altro, con il rischio di creare dei super atleti verso una direzione, creando allo stesso tempo dei buchi tecnico-tattici verso altri.
Il nostro obbiettivo infatti crediamo sia quello di analizzare l’evoluzione del gioco in modo serio e scrupoloso per aiutare i portieri italiani nella loro formazione di “portiere pensante” favorendo così la formazione di estremi difensori il più possibile completi (in entrambe le fasi), che tengano conto:
- della palla;
- dei compagni;
- degli avversari;
- dello spazio;
- del tempo;
- della porta;
e del momento della partita per attuare i propri interventi offensivi e difensivi.In tal modo al netto della componente del talento, sarà per loro possibile poter giocare in ogni tipo di club e competizione, indipendentemente dalla filosofia di gioco attuata, senza snaturare le proprie radici culturali.
Stefano Baroncini: Antecedente alla su attività presso la società bianconera riveste il ruolo di responsabile della preparazione dei portieri delle categorie Primavera, Berretti, Allievi Nazionali Serie A e B (Under 17), Allievi Lega Pro (Under 16) presso il Torino FC dal 2007 al 2014. Allenatore dei portieri iscritto all’albo UEFA B, negli anni partecipa come relatore ad ApportGarda e in diversi congressi europei.
Daniele Borri: è stato allenatore in club dilettantistici e professionistici fino ad approdare nel 2013 alla Juventus come allenatore dei portieri nel settore giovanile e, successivamente, anche Collaboratore della prima squadra (Serie A). Dalla stagione 2018/2019 è Allenatore dei Portieri della Primavera del club bianconero.