di Daniele Borri e Stefano Baroncini
Occupandoci quotidianamente delle dinamiche legate all’addestramento, in quanto uno dei cardini principali dell’allenamento giovanile, riteniamo di fondamentale importanza la scelta della filosofia di gioco che si desidera far attuare e la coerenza con la quale tutti gli allenatori si impegnano nel trasferirla negli atleti. Sara, quindi, decisivo il ruolo del responsabile tecnico che, attraverso momenti di condivisione e confronto con i propri collaboratori, diffonderà la filosofia scelta e, di conseguenza, la tipologia di portiere che si desidera rappresentare. La coerenza con la quale “l’idea comune” verrà trasmessa da parte di tutti allenatori ai portieri, permetterà questi ultimi di riconoscersi sempre nei principi conferitegli indipendentemente dalla categoria o dall’allenatore con il quale dovranno operare all’interno del club.
Nel calcio moderno l’1vs1 (attaccante contro portiere, nel nostro caso) è una situazione di gioco sempre più frequente quando decisiva. La volontà di comandare la partita attraverso il possesso palla e, quella di recuperarlo il prima possibile grazie a una pressione “in avanti”, portano spesso le squadre a trovarsi con numerosi giocatori coinvolti nel settore avanzato del campo. Tale atteggiamento, talvolta, espone gli 11 a rapidi ribaltamenti di fronte e/o contropiedi, che spesso si concludono con l’attaccante “liberato” davanti al portiere. Anche la fase di costruzione del gioco dal basso (sempre più diffusa) ha contribuito l’incremento del numero di 1vs1 che il portiere è chiamato a gestire. La perdita della palla nella propria metà campo da parte di chi costruisce il gioco, può infatti permettere agli avversari di attaccare ampi spazi liberi, arrivando verticalmente e rapidamente in area/ porta. Il calcio, infatti, È cambiato profondamente a tutte le latitudini con più squadre, senza alcuna distinzione tra “grandi” e “piccole”, che agiscono in tal modo. Di conseguenza, gli estremi difensori sono più spesso sollecitati nella difesa dello spazio, oltre che nel duello individuale con l’avversario.
Il duello
Nello specifico, l’1vs1 rappresenta una situazione complessa per le numerose informazioni che il numero uno deve elaborare per rispondere efficacemente e in tempi brevi al duello. Sono parecchi, infatti, I quesiti cui l’estremo difensore deve trovare risposta per agire al meglio:
- La lettura dei movimenti anche ingannevoli dell’attaccante in possesso di palla;
- La distanza della sfera tra se e il portatore;
- Quella tra sè e il pallone;
- La zona di area di rigore in cui si svolge l’azione
Come può comportarsi il numero uno? Che tipo di intervento conviene adottare? Lavorando entrambi nel settore giovanile della Juventus, dove tutte le formazioni propongo un calcio offensivo, abbiamo analizzato tale situazione di giochi in maniera approfondita, in quanto, in media, il portiere del nostro club devono affrontare circa 1-2 situazioni di 1vs1 a partita. E non sono poche. Partendo da questo dato, quindi nasce l’esigenza di preparare gli estremi difensori al meglio per il duello individuale, ritenendone importante l’allenamento in tutta la fase evolutiva.
Il tipo di intervento
Osservando le partite del panorama internazionale, è semplice distinguere diversi atteggiamenti che i portieri decidono di assumere per affrontare un 1vs1 con l’attaccante. Sono cinque le tipologie che possono essere scelte dai numero uno per interpretare il duello:
- Uscita bassa;
- Uscita a contrasto;
- Uscita a muro;
- Croce o blocco (e simili);
- Mantenimento della posizione di attesa.
Uscita bassa
È un’azione tanto spettacolare quanto complessa in ambito sia tecnico sia tattico. Si verifica con un tuffo in avanti anticipando l’avversario in procinto di conquistare il pallone o di preparare un tiro. Tale azione del numero uno deve concludersi con il mantenimento del pallone.
Uscita contrasto
È un gesto che si verifica quando il portiere, in uscita bassa, arriva con le mani sul pallone contemporaneamente al piede dell’attaccante, cercando di mantenere il possesso della sfera malgrado appunto il contrasto.
Uscita a muro
In questa situazione, invece, l’attaccante anticipa l’estremo difensore, che riesce comunque a opporre le proprie mani al tiro, appunto murandolo. Mettere le mani sulla palla nell’esatto momento in cui l’attaccante sta calciando o è leggermente in anticipo su portiere, è sicuramente un intervento di straordinario tempismo, determinazione e tecnica, che caratterizza e ha caratterizzato estremi difensori di ieri e di oggi. Tra questi ricordiamo Giorgio Ghezzi che negli anni 60 era appunto chiamato “kamikaze”, o altri più recenti come Lupatelli, che ne fece una sua caratteristica di gioco. Come non menzionare poi Buffon, che nell’esordio contro il Milan, lasciò increduli i giocatori avversari che lo videro piombare più volte ai loro piedi, sancendo così devi inserire la vera.
Croce o blocco
Non è una nuova interpretazione del ruolo, Ma in realtà è un’azione che già in passato veniva sfruttata nei paesi sudamericani; ne è un esempio il portiere argentino Ubaldo Fillol, campione del mondo nel 1978. E’, inoltre un gesto tecnico quanto mai prerogativa del futsal. Negli ultimi anni, però, grazie anche l’espressione di gioco da parte di grandi portieri come Neuer e pochi altri, che hanno la capacità di aggredire al portatore di palla e aprirsi in una spaccata repentina, la croce è tornata prepotentemente di moda. In questo caso, il portiere cerca di posizionarsi davanti al tiratore aprendo le braccia e una gamba o a volte entrambe con una spaccata, nel tentativo di intercettare il pallone, o meglio, nella speranza di essere colpiti dallo stesso.
Mantenimento della posizione di attesa
Questo gesto è in antitesi con la croce; rappresenta il caso in cui il portiere, non potendo intervenire inizialmente con un’uscita bassa, a contrasto o a muro, decide di affrontare l’avversario mantenendo la posizione di attesa (adattandola alla distanza dell’attaccante e assecondandolo sul gioco). Più l’attaccante sarà vicino al portiere, più l’estremo difensore assumerà una postura con mani radenti al terreno aperte e gli arti inferiori piegati e vicini. Tale posizione permette di spostarsi con eguale efficacia a destra a sinistra e di intervenire sul tiro immediatamente o attendere, accompagnando l’avversario, se quest’ultimo decide di proseguire nella conduzione.
Due filosofie di pensiero
Per quanto riguarda l’allenamento, riteniamo che il mister deve anzitutto decidere l’atteggiamento generale che desidera far seguire ai propri portieri per proporre una didattica adeguata, in funzione della filosofia di gioco scelta. Pertanto, sono opportune alcune considerazioni sui possibili vantaggi e svantaggi. Gli interventi tecnici coi quali il portiere può affrontare l’1vs1 possono essere raggruppati in due macroaree che, per scuole di pensiero, si trova in opposizione. Nella prima, che per natura e più propositiva è attiva, Collochiamo uscite basse, a contrasto e a muro e l’accompagnamento con mantenimento della posizione di attesa. Nella seconda, che riteniamo “passiva”, includiamo la croce e tutte quelle altre forme in cui il portiere, più che andare alla ricerca della palla, tenta di occupare più spazio possibile, facendosi colpire dal pallone, senza ricercarne la conquista. Come premesso, è quindi necessario scegliere il proprio “credo” e indirizzare la metodologia di allenamento verso l’una o l’altra direzione. Pensiamo che la prima macro-area sia più vantaggiosa e crediamo che la volontà di trasmetterle entrambe, lasciando al portiere la libertà di decidere, non sia la migliore strada da intraprendere, in quanto l’una è in contraddizione con l’altra. L’uomo, che per natura tende all’equilibrio all’economia, farà sempre la scelta più economica e meno dispendiosa dal punto di vista cognitivo. E “l’uomo portiere” potrebbe propendere per esecuzione di “croce” o azioni simili, anche quando potrebbe far proprio il pallone. Tale approccio lo porta a riproporre la gestualità passiva anche su tiri, ad esempio, provenienti da media distanza, non riconoscendo quindi lo svantaggio. In conclusione, pensiamo che sia più proficuo affrontare l’1vs1 agendo sulle seguenti azioni tecniche: uscita bassa, a contrasto, a muro o “accompagnamento” dell’avversario, mantenendo la posizione di attesa e assecondandolo nella sua interpretazione di gioco.
La minaccia facciale
E’ interessante notare, osservando foto di portieri che eseguono interventi di tipo propositivo (uscita bassa…) e di tipo passivo (croce o simili), riscontrare dalla mimica facciale, caratteristiche intrinseche della diversa filosofia di pensiero e quindi di interpretazione del ruolo. Nel primo caso, infatti, si nota come anche dall’espressione si intuisca un’azione chiaramente voluta, consapevole e aggressiva nella quale il portiere cerca di impossessarsi con coraggio del pallone (foto A).
Nel secondo, invece, l’espressione del viso spesso a occhi chiusi e con volto non rivolto alla palla, identifica un portiere passivo, in opposizione, più intendono a occupare uno spazio che a ricercare in modo consapevole il pallone, subendo l’attaccante (foto B), garantendosi il più delle volte la necessità di dover compiere un secondo intervento. E capita di notare il portiere in croce/spaccata girarsi nella speranza di veder terminare la corsa del pallone fuori dai pali.
In conclusione
Seguendo la nostra filosofia, la croce mostra evidenti punti deboli; ne sono testimonianza i gol di Messi e Neymar in Barcelona-Bayer Monaco (semifinale di andata di champions del 2015) e altri esempi in cui gli attaccanti eludono la difesa a croce portiere (vedi sempre messi contro la Roma, nella foto), calciando vicino alla sua testa, sopra la gamba in appoggio a terra o sotto le gambe. Inoltre, assumere tale posizione impedisce al numero uno, nella gran parte dei casi, di variare il proprio programma motorio, escludendosi la possibilità di modificare il tipo di intervento nel momento in cui invece risulterebbe necessario. Essendo la croce la parata in opposizione, che induce i portieri a essere perlopiù passivi, limitandone le possibilità di ricercare la palla con le mani, la consideriamo un gesto di emergenza, che può essere eseguito solamente quando l’attaccante si trova una distanza molto ravvicinata (1-2 metri).
Le esercitazioni
La complessità della situazione di gioco presa in esame induce il portiere a ricercare la scelta adeguata nel momento esatto, applicando di conseguenza la corretta esecuzione tecnica. Secondo la nostra filosofia di pensiero, ad esempio, se durante il duello l’attaccante si allunga la palla con un controllo maldestro, il numero uno deve effettuare un’uscita bassa, anticipandolo; se al contrario il portiere e l’attaccante arrivano contemporaneamente sul pallone, l’estremo difensore deve tentare l’uscita contrasto o a muro (in tal caso se leggermente ritardo rispetto al tiratore). La situazione che richiede maggiori considerazioni è quella in cui l’attaccante affronta il portiere in conduzione. Determinante sarà la zona di area di rigore in cui si svolge duello; più si è in un settore centrale, maggiore sono le difficoltà per l’estremo difensore in quanto l’attaccante più soluzioni. Oltre a ciò, conta molto lo spazio che intercorre tra portiere e punta perché anche la posizione d’attesa deve essere correlata: “bassi” con le gambe e le braccia (più si è vicini più si è abbassati), arti inferiori divaricati in base alla distanza con l’attaccante (più si è vicini al portatore più la divaricata e a passo stretto). Conviene poi non mantenere una posizione statica per un tempo troppo prolungato, in quanto sarà poi sarà difficile trovare l’energia adeguata per “uscire” da tale condizione e compiere l’intervento. Inoltre, occorre individuare il tempo giusto per affrontare l’avversario per farsi trovare fermi nel momento del tiro o, ad ogni modo, nell’istante in cui l’attaccante tenta la sua giocata per vincere il duello. Così, il portiere può agire con una parata se l’attaccante prova la conclusione, eseguire un attacco della palla (uscita bassa, contrasto, muro) se il portatore si allunga la sfera durante la conduzione o accompagnarlo se quest’ultimo decide di proseguire nella guida. Risulta, quindi, che l’apprendimento il consolidamento delle gestualità tecniche è fondamentale nel garantire ai portieri I mezzi necessari per portare a buon fine un 1vs1. Essendo il duello più una problematica di carattere strategico e di comprensione del gioco, occorre introdurre, nelle proposte di allenamento, anche esercitazioni situazionali nelle quali “stresseremo” l’estremo difensore, sollecitandolo a pensare e a scegliere l’azione migliore in funzione di ciò che accade, applicando i principi stabiliti. Il ripetersi di tali situazioni fornisce l’estremo difensore un bagaglio esperienziale tale da consentirgli di riconoscere più velocemente quello che si verifica in gara. Identificherà la situazione perché l’avrà vissuta tante volte in allenamento e questo entrerà a far parte delle sue caratteristiche di gioco.
Prima proposta
Il portiere, nel momento in cui l’allenatore sposta la palla in avanti, sei una chiusura e pare il tiro piazzato dell’allenatore (figura 1). Variante: l’allenatore, oltre a spostare la palla in avanti, può decidere di affrontare il numero uno cercando di superarlo in conduzione (l’estremo difensore deve assecondarlo accompagnandolo o attaccandolo con uscita bassa se lo riterrà opportuno).
Seconda proposta
L’allenatore posto dietro una sagoma può calciare direttamente in porta o spostare la palla oltre la sagoma stessa per consentire al numero uno un’uscita a contrasto (figura 2).
Terza proposta
Il giocatore A1 esegue un passaggio per A2 che a sua volta può:
- Calciare di prima intenzione;
- Tirare dopo un controllo;
- Eseguire una ricezione maldestra per favorire l’uscita del portiere (figura3).
Quarta proposta
I giocatori A1 e A2 si passano la palla. A1 può eseguire un’imbucata per P1, P2 o per A2, I quali possono finalizzare a rete (figura 4). Il portiere deve, quindi, decidere di affrontare il duello con “gli attaccanti” o giocare in anticipo (uscita bassa, contrasto o a muro) se riterrà di avere tempo e spazio a suo vantaggio.