La redazione ringrazia il Mister e il club spagnolo Levante U.D.
Chi è Gianluca Troilo?
Sono un ragazzo di 24 anni, nato e cresciuto con un pallone tra i piedi a Moncalieri, nella provincia di Torino. La mia carriera calcistica ebbe inizio nella scuola calcio dell’ ac Moncalieri, per poi passare nelle file del settore giovanile del Torino Calcio in cui rimasi per 10 anni. Venni poi ceduto all’ Ivrea Calcio per un anno e l’ultima tappa della mia carriera fu nel Lascaris in cui rimasi per 3 anni di cui due di Eccellenza e l’ultimo, dopo aver vinto i playoff di promozione, in Serie D. Nel Lascaris iniziai ad avere le prime esperienze come allenatore dei portieri insieme al mio compagno di squadra Davide Asinell: insieme ci occupavamo della preparazione dei giovani portieri delle categorie inferiori. L’anno successivo un mio vecchio allenatore del Moncalieri, Francesco Merenda, passato alle redini del settore sportivo del club, mi propose di allenare i porteri della scuola calcio. Accettai subito perché mi piaceva l’idea di poter insegnare a giovani portieri le basi del ruolo. L’anno andò bene e due portieri, a fine stagione, ebbero la possibilità di passare a società più importanti, fu una bella esperienza,sotto tutti i punti di vista, che mi servì anche per poter mettere in pratica la didattica studiata nell’Università.
Dopo questi 3 anni decisi di dedicarmi completamente al mio percorso di studi in Scienze Motorie e partecipare al progetto “Erasmus” partendo per Valencia in Spagna. La mia avventura nel Levante cominciò quasi per caso perché, nel piano di studi da completare in Spagna avevo l’obbligo di effettuare un tirocinio formativo. Un mio amico italiano stava già praticando nella scuola calcio del Levante: era contento e aveva trovato un bell’ambiente; in più la Società gli dava la possibilità di partecipare attivamente alla costruzione e svolgimento degli allenamenti. Decisi quindi di richiedere il tirocinio nel Levante e durante il colloquio con il direttore delle categorie inferiori dissi che ero un ex-portiere e che avevo avuto esperienze allenando portieri in una società in Italia.Mi accettarono. Il giorno prima di iniziare mi chiamò il direttore spiegandomi che il preparatore dei portieri del Juvenil A ( Primavera) aveva avuto problemi e non poteva più esercitare come tale. Mi chiese allora se potevo rimpiazzarlo temporalmente mentre cercavano una soluzione. Malgrado l’iniziale atterrimento, dovuto dal fatto che ancora non padroneggiavo perfettamente la lingua e alla paura di non essere all’altezza, decisi di “parare” al volo un’occasione che difficilmente si sarebbe ripresentata. Iniziai trasmettendo tutto ciò che mister come Paolo Di Sarno e Stefano Borla mi avevano insegnato al Torino. A fine stagione riuscimmo ad accedere, per la seconda volta nella storia del club, alle finali di categoria. Mister Villafaina,che giudicò il mio lavoro molto buono, convinse il Club ad offrirmi, a fine stagione, un contratto come allenatore della seconda squadra e responsabile dell’area portieri del Levante. Accettai senza pensarlo per più di un secondo.
Ed eccomi qua, già al mio terzo anno in Spagna. Durante questi tre anni sono cresciuto moltissimo lavorando con portieri importanti e avendo la possibilità di partecipare, come aiutante, agli allenamenti della prima squadra. Nel corso degli anni abbiamo raggiunto traguardi importanti vincendo i playoff di Tercera Division passando a Segunda “B” (Lega Pro) e quest’anno riuscendo a mantenere la categoria.
Come si trova a lavorare in Spagna?
Penso di essere nel Paese che, da qualche anno, è primo referente del calcio mondiale. Ciò è dovuto alla struttura dei settori giovanili e agli investimenti che molte squadre fanno nella propria “cantera”.
Personalmente mi sto trovando benissimo nel Levante, società che negli ultimi anni è cresciuta moltissimo: 5/6 anni fa le nostre squadre finivano il campionato a metà classifica mentre oggi ci troviamo a lottare per le prime posizioni con Valencia e Villareal, che possono permettersi di investire maggiormente sul settore giovanile rispetto a noi. In Spagna ho notato che si cerca innovare le tecniche di allenamento: qui prevale la globalizazzione degli aspetti tecnici e tattici; il lavoro “analitico” si sta praticamente estinguendo. Molti club permettono visite per mostrare la propria metodologia. Nel Levante, per esempio, esiste un dipartimento di formazione internazionale, diretto da Bryant Lazaro, il quale si occupa di organizzare visite ad allenatori o federazioni straniere interessate al conoscere la struttura di un club spagnolo. Allo stesso modo permette di visitare club all’estero a noi allenatori del settore giovanile; esperienze che mi arricchiscono a livello personale, culturale e professionale.
Le categorie del settore giovanile son 8 si parte dai Micros (5–6 anni), Pre-Bejamin (7–8), Benjamin (9–10 ) e Alevin (11–12) queste categorie giocano a calcio 7 e in ogni categoria si hanno 4 squadre A e C che sono di secondo anno (più grandi) e B e D di primo anno che sono più piccoli.
Per quanto riguarda il calcio 11 ci sono gli Infantiles (13–14), Cadetes (15–16) e Juveniles (17–18–19). Le linee A svolgono un campionato molto esigente in cui ci sono tutte le squadre prosessionistiche della regione, l’unica categoria che svolge il campionato “Division de Honor”, Primavera in Italia, è il Juvenil A.
Ultima squadra è il “Filial”, la squadra B, importantissima perché ha il compito di riunire e preparare i giocatori che possono essere proiettabili in prima squadra.
Solitamente le squadre B militano in campionati di Segunda “B”, che sarebbe la nostra Lega Pro, poi più su ci sono il campionato di Segunda “A” (Serie B) e Primera Division (Serie A).
Noi l’anno scorso siamo stati promossi in Segunda “B” e nel girone abbiamo squadre come: Villareal “B” , Espanyol “B”, Barcelona “B”, Valencia “B” e sicuramente vi ricorderte dell’Hercules. Sicuramente si tratta di un girone molto esigente in cui i giovani calciatori sperimentano un livello agonistico alto giocando contro adulti professionisti.
Qual’è la sua idea di prestazione del portiere?
Il portiere prepara la prestazione durante la settimana studiando i dati della squadra avversaria che gli vengono forniti dal preparatore. Durante la partita, invece, mi fido di un portiere quando questo è emozionalmente equilibrato. Amo il portiere intelligente che corre pochi rischi e che sa capire, interpretare e anticipare ciò che potrebbe accadere. Ho stabilito dei parametri per poter avere un controllo oggettivo della prestazione del nostro portiere: attraverso un foglio di calcolo registro tutte le azioni offensive e difensive catalogando per minuto e tipo di azione e di conseguenza gli assegno un voto da 3 a 10 (es. Rimessa dal fondo: se sbaglia e incassiamo gol=3; genera un’occasione da gol dell’avversario= 4; se non supera metà campo =5; se non va a la zona previamente designata = 6; se va alla zona previamente designata =7; se vinciamo la seconda giocata =8; se genera un’occasione = 9; se facciamo gol = 10). Questo controllo mi aiuta a capire in quali aspetti è carente il mio portiere e quindi come poter intervenire prontamente durante gli allenamenti. Ottengo inoltre un dato importantissimo sulla nostra squadra, ossia quali aspetti difensivi e offensivi stanno venendo meno, ma anche quali siano le colonne portanti del nostro sistema di gioco. Condivido tutte queste informazioni con lo staff tecnico e soprattutto con il portiere che, il lunedì, può già avere dati oggettivi sulla sua prestazione, osservando il suo rendimento e sapendo cosa deve migliorare in vista della partita successiva.
Di quali insegnamenti ha bisogno il settore giovanile?
Penso sia importante lasciare libertà ai ragazzini fino ai nove anni per poter sperimentare tutti i ruoli e, in tempi più maturi, prendere poi una decisione in base alle esperienze vissute in ogni ruolo. Il periodo in cui bisogna insegnare la tecnica e la collocazione del portiere va dai 10 ai 13 anni. In questa fascia di età mi piace iniziare a lavorare sulla coordinazione oculo – segmentaria proprio attraverso a giochi: l’elemento ludico non deve mai mancare, infatti imparare giocando è più facile. A partire dai 14 anni bisogna continuare consolidando gli aspetti tecnici. In aggiunta è fondamentale inserire, con assiduità, lavori tattici/situazionali, attivando il loro processo decisionale mantenendo sempre la complessità della situazione adeguata al livello della competizione.
Negli ultimi anni delle giovanili, Beretti e Primavera, credo sia fondamentale centrare l’allenamento sul miglioramento del processo decisionale aumentando la complessità delle situazioni, inserendo nuovi stimoli cognitivi ed incidendo in maniera importante sull’aspetto condizionale. A questo proposito mi piacerebbe rimarcare l’importanza dell’insegnamento della tecnica dei movimenti basici come per esempio lo squat, fondamentale per poter impostare un lavoro di miglioramento e perfezionamento della struttura muscolare.
Quali differenze hai riscontrato tra il settore giovanile italiano e quello spagnolo?
Credo che la differenza più grande sia la presenza delle squadre B.
Le seconde squadre danno uno o due anni in più di maturazione al giocatore,la possibilità di competere in un campionato esigente, contro adulti, senza avere la pressione per vincere.
In Italia una volta usciti dalla Primavera i giocatori vengono prestati a squadre di Lega Pro (i più fortunati in Serie B) che non hanno interessi nel far crescere giocatori perciò,a fine anno, pochi di loro accumulano abbastanza presenze da poter consideransi migliorati esponenzialmente per poter essere richiamati dal club di proprietà.
Come struttura la seduta di allenamento?
Prendendo per esempio il microciclo sopra evidenziato, immaginiamo che sia un giorno come il mercoledì in cui la carica di allenamento è importante.
Allenamento mattutino con la squadra B.
- Piccolo briefing per conoscere le strutture tattiche che incontreremo durante la partita
- Lavoro di potenza,stabilizazzione e destabilizzazione in palestra di 25 minuti circa in cui cerchiamo di isolare il più possibile i gesti tecnici che in seguito andremo a ricostruire nella struttura tattica dell’allenamento.
- In campo lascio 3/4 minuti liberi in cui i portieri, tra di loro, effettuano un riscaldamento tecnico a piacere (l’obiettivo in questi minuti è trovare il livello di confort e concentrazione adatto per iniziare il lavoro).
- L’allenamento è formato da una prima parte di adattazione e parte principale. Entrambe hanno una specificazione tattica, ovvero tutti gli esercizi sono pianificati in base alle strutture tattiche dell’avversario e sono composte da obbiettivo tecnico, tattico e cognitivo. Il condizionale si svolge in precedenza specificamente in palestra.
Preferisco strutturare un allenamento che abbia un grado di complessità elevato dal primo minuto.
Ogni esercizio viene effettuato da entrembi i lati per 4/6 ripetizioni complessive. Cambiando lato cambiamo anche un elemento tecnico e/o cognitivo; il tattico si mantiene perché è l’obbiettivo della seduta.
Tutti i portieri, che di solito sono 3, partecipano attivamente allo svolgimento dell’esercizio. In questo modo obbligo gli altri due a mantenere un livello di concentrazione alto perché il corretto svolgimento dell’esercizio dipenderà anche da loro. Una volta terminata la sessione specifica (aprossivativamente 40 minuti), i portieri vengono inclusi nel lavoro tattico di squadra e, quando possibile, collaboro con lo staff tecnico assegnando ai portieri obiettivi tecnico/tattici da portare a termine durante l’esercitazione con i compagni.
Con i Cadetes e Juveniles stabiliamo due obiettivi tecnici e un obiettivo tattico/situazionale nella fase offensiva e difensiva da portare a temine nel tempo di due settimana.
L’allenamento dei più piccoli, gli Infantiles, è diviso in due tempi. Nella prima parte devono portare a termine un obiettivo tecnico (specifico per ogni settimana), nella seconda svolgono invece esercizi di collocazione, recupero della posizione, gioco offensivo (specifici giornalmente).
Mi piace utilizzare varie attrezzature per poter cercare di avvicinarmi sempre più a la realtà e, anche, per variare gli stimoli di concentrazione durante l’allenamento.
Utilizzo Air-body, un cassone per ottenere sponde o simulare situazioni di un tiro ravvicinato, una rampa per modificare la traiettoria dei tiri e cross, uno scudo simile al “Filippi shield” e palloni di differenti dimensioni.
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Ha programmato dei lavori di forza?
Sì, programmo lavori di forza e li revisiono con i preparatori fisici. Per lo più effetuiamo lavori di forza esplosiva e core stability. Reputo quest’ultima importantissima per poter mantenere la posizione basica perfetta anche in situazioni ravvicinate in cui i portieri tendono a cadere indietro perdendo l’equilibrio, inficiando la qualità l’interverto. Gli esercizi con sovraccarico li effetuiamo sempre in palestra. Solo alcuni riscaldamenti o parti introduttive in cui i portieri indossano un giubottino con peso di 1,4 kg o una gomma elastica vengono solitamente svolti in campo quando l’obbiettivo tattico prevede uscite aeree. Per tutti i giocatori,inoltre, è obbligatorio seguire il programma personalizzato per il lavoro preventivo degli infortuni e specifico di miglioramento della forza i quali vengono periodicamente controllati dal nostro staff medico e atletico.
Programmi per il futuro?
Terminata la stagione parteciperò come allenatore nel campus organizzato dallo sponsor con cui collaboro, SoloPorteros, che mi ha offerto di partecipare a questa entusiasmante iniziativa. L’obbiettivo per un futuro prossimo è continuare il mio processo di formazione professionale, migliorare la mia metodologia e introdurre nuove strumentazioni per l’analisi psico-fisica dei portieri allenati. Inoltre spero di poter sviluppare alcune nuove idee maturate inseguito a incontri con persone che hanno influenzato il mio pensiero come il Prof. Giovanni Bonocore e l’allenatore dei portieri dell’Elche Marcos Abad.
Ringrazio gli autori de ilnumero1.it per avermi dato l’opportunità di raccontarmi in questa intervista e mi congratulo per il grande progetto che stanno supportando tramite il blog.