Nessun altro portiere argentino ha incarnato lo spirito del “calcio spettacolo” come Hugo Orlando Gatti. Con la sua fascia tra i capelli, le maglie sgargianti e uno stile inconfondibile, “El Loco” muore all’età di 80 anni il 20 aprile 2025.
Gli inizi
Hugo Orlando Gatti (nato il 19 agosto 1944 a Carlos Tejedor, Buenos Aires) è stato uno dei portieri più iconici e rivoluzionari del calcio argentino . Cresciuto calcisticamente nell’Atlanta, iniziò paradossalmente come attaccante durante la gioventù. Fin dagli esordi mostrò una personalità estroversa e sopra le righe, guadagnandosi il soprannome di “El Loco” (“il pazzo”) per il suo stile carismatico, spavaldo e spesso anticonformista . Portava i capelli lunghi raccolti da una fascia (vincha) e indossava maglie dai colori sgargianti, un look giovanile e audace che tolse “solennità e almidón” (ingessatura) al ruolo del portiere secondo i media argentini . Gatti amava intrattenere il pubblico con il suo modo di fare spettacolare: si presentava in campo con un’aria irriverente e leggera, nonostante ciò ha disputato 765 partite in Primera División (nell’arco di 26 stagioni).
Dopo il ritiro continuò a essere un personaggio pubblico, dividendo il tempo tra l’Argentina e la Spagna, dove lavorò come opinionista televisivo e continuò a far parlare di sé per le sue dichiarazioni provocatorie. Gatti è scomparso il 20 aprile 2025 a 80 anni, a Buenos Aires, dopo due mesi di ricovero per una frattura all’anca e una polmonite che hanno portato a un’insufficienza multiorgánica . La notizia della sua morte ha scosso il mondo del calcio: il Boca Juniors lo ha ricordato come un “ídolo eterno y multicampeón” (idolo eterno e pluricampione) salutandolo con un messaggio commosso: «Hasta siempre, Loco!» .
Gatti entrò nelle giovanili dell’Atlanta alla fine degli anni ’50, proveniente dal suo paese natale . Nonostante alcune difficoltà iniziali – in un provino incassò parecchi gol, al punto da credere fallito il test – gli allenatori ne intravidero il talento e lo confermarono in squadra . Hugo debuttò in Prima Divisione a soli 18 anni nel 1962 con l’Atlanta , difendendo i pali del club di Villa Crespo per tre stagioni. Con i Bohemios collezionò 38 presenze in campionato , mettendosi in luce per lo stile acrobatico e la personalità non comune per un ragazzo così giovane. Le sue prestazioni attirarono ben presto l’attenzione dei grandi club: nel 1964 il potente River Plate acquistò il suo cartellino, in un’operazione che venne descritta dalla stampa come “il trasferimento più oneroso nella storia del calcio argentino” fino ad allora .
La carriera
A metà degli anni ’60 Gatti si trasferì al River Plate, dove ebbe l’opportunità (e l’onere) di allenarsi fianco a fianco con Amadeo Carrizo, leggendario portiere dei Millonarios e suo idolo d’infanzia . River puntava su di lui per il futuro, vedendo in Gatti l’erede designato di Carrizo, il quale a sua volta era stato un pioniere nel modernizzare il ruolo del portiere . Nelle quattro stagioni a Buenos Aires, Gatti totalizzò 77 presenze in campionato con la maglia bianco-rossa , alternandosi tra i pali proprio con Carrizo nelle ultime annate di quest’ultimo. In cerca di maggiore continuità da titolare, lasciò River e si accasò al Gimnasia y Esgrima La Plata (dove colleziona 244 presenze in Primera División). Nel 1975 Gatti si unì all’ambizioso Unión de Santa Fe, sebbene la permanenza fu breve ma significativa. Infatti, dopo gli ottimi risultati ottenuti, venne chiamato ad allenare il Boca Juniors l’anno seguente e decise di portare con sé a Buenos Aires il suo portiere di fiducia. Fu così che nel 1976 Gatti approdò al Boca, il club destinato a consacrarlo definitivamente come leggenda.

Gli anni ’80 furono più difficili per il club di Buenos Aires, alle prese con problemi economici e risultati altalenanti, ma Gatti rimase una figura di riferimento e un idolo dei tifosi. Nonostante qualche periodo di inattività e l’alternanza con portieri più giovani, “El Loco” continuò a difendere i pali boquenses fino a un’età impensabile per l’epoca. Il suo ultimo incontro ufficiale risale all’11 settembre 1988: in quella partita commise un errore fatale tentando un dribbling in area che costò un gol contro il Deportivo Armenio . Quell’episodio segnò di fatto la fine della sua lunghissima carriera agonistica: l’allenatore decise di sostituirlo stabilmente col giovane Carlos Navarro Montoya (destinato a diventare a sua volta un portiere storico del Boca), e Hugo non tornò più in campo per un match ufficiale . Pochi giorni dopo, il quarantaduenne Gatti annunciò il ritiro, chiudendo il cerchio proprio nella “sua” Bombonera. In dodici stagioni con il Boca Juniors, Gatti disputò 381 partite di campionato (417 incontri ufficiali complessivi) e realizzò persino un gol. Detiene ancora oggi il record di presenze nella storia del Boca per un portiere ed è secondo solo a Roberto Mouzo come giocatore con più apparizioni in assoluto nel club.
Nonostante la straordinaria carriera nei club, Gatti non ebbe in nazionale uno spazio altrettanto ampio, anche a causa della forte concorrenza di altri grandi portieri dell’epoca. In quell’epoca era in ballottaggio serrato con Ubaldo “Pato” Fillol – il portiere del River Plate – per il posto da numero uno dell’Argentina campione del mondo in patria. Menotti apprezzava le qualità di Gatti, tant’è che questi fu a un passo dall’essere il titolare a Argentina ’78, ma un infortunio al ginocchio a pochi mesi dal torneo compromise definitivamente le sue chances . Alla fine Fillol fu preferito e divenne l’eroe del Mondiale, mentre Gatti rimase fuori dalla lista definitiva.
Contesto storico: Il portiere nel calcio argentino degli anni ’60–’80
Per comprendere appieno l’impatto di Hugo Gatti, occorre calarlo nel contesto del calcio argentino fra gli anni 1960 e 1980. In quel periodo il ruolo del portiere era considerato in modo molto più tradizionale rispetto a oggi. I “guardameta” sudamericani erano in genere giocatori robusti, votati principalmente alla presa sicura e al posizionamento tra i pali, raramente coinvolti attivamente nel gioco con i piedi. Vigeva la regola non scritta che il portiere dovesse indossare colori sobri (spesso scuri) per distinguersi dall’arbitro ma non confondersi con le maglie accese dei compagni; inoltre era diffusa l’abitudine di utilizzare pesanti guanti di cuoio e protezioni imbottite, retaggio di un calcio più lento e fisico. Un’eccezione fu proprio Amadeo Carrizo, da cui Gatti prese ispirazione, spingendo oltre i limiti di ciò che si pensava potesse (o dovesse) fare un portiere.
Hugo Gatti è ricordato soprattutto per aver rivoluzionato il modo di interpretare il ruolo del portiere. In un’epoca in cui si pensava che “in porta va il gordito che non sa giocare” (il ragazzino paffuto meno dotato tecnicamente), Gatti ribaltò completamente questo stereotipo. Dal punto di vista tecnico, El Loco privilegiava il posizionamento e l’anticipo sull’atletismo puro: risolveva le situazioni pericolose con talento e intelligenza, piuttosto che con la mera esplosività fisica. Come osservato dai giornalisti del tempo, “non si buttava né volava se non era necessario; faceva le parate spettacolari solo quando indispensabile” – un approccio diverso da molti colleghi che cercavano il tuffo plateale anche per routine . Gatti infatti sosteneva che il ruolo del portiere dovesse essere “giocato” e non solo subìto.
Molte sue trovate tecniche divennero celebri. Inventò ad esempio una particolare modalità di parata nelle uscite uno-contro-uno, soprannominata “la parata de Dios” dai tifosi: Hugo attendeva l’avversario inginocchiandosi improvvisamente con le braccia spalancate, coprendo più porta possibile e chiudendo l’angolo di tiro.

La sua presenza coincide con una sorta di “guerra di stile” sotto i tre pali: da un lato c’era la scuola classica rappresentata da portieri come Antonio Roma (storico numero 1 del Boca negli anni ’60, portiere essenziale e poco incline ai fronzoli) e poi dallo stesso Ubaldo Fillol negli anni ’70 (atletico ma comunque disciplinato tatticamente); dall’altro lato c’era lui, “El Loco”, imprevedibile e rivoluzionario. Questa contrapposizione Gatti vs Fillol tenne banco per quasi un decennio alimentando dibattiti infuocati tra tifosi e addetti ai lavori: era preferibile l’affidabilità sobria del “Pato” Fillol o la genialità folle di Gatti? In Argentina si creò quella che alcuni definirono la prima vera “grieta bajo los tres palos” – la prima spaccatura di opinioni sul ruolo del portiere.