di Enrico Sisti (La Repubblica 13-09-19)
Sacro, magico Pierluigi, il portiere più raro della storia delle figurine: vivrà i suoi ottant’anni come un ragazzino, quello col ciuffo alla Burt Lancaster dell’immagine introvabile dell’annata ’63-’64 della Panini: “dopo 53 anni di matrimonio festeggeremo come gli innamorati di Peynet”, ci racconta la signora Lucia,ci racconta la signora Lucia, “e trascorreremo qualche giorno a Venezia”. Venezia, la luna e loro, tanto per citare un Dino risi è un Sordi gondoliere dei tempi in cui Pierluigi iniziava a carburare per il grande calcio.
Pizzaballa è stato un grande portiere, vestito sempre nero, al massimo in grigio, come era di rigore (parato) a quell’epoca. Il meglio lo dette con l’Atalanta, a Bergamo divenne famoso, in nerazzurro vinse la coppa Italia in finale col Torino: “Ci allenava Tabanelli”. Come dire: ben altro rispetto alla modernità. Ben altro persino rispetto a Gasperini, che qualcosa di rusticano, a modo suo, ancora conserva. Un calcio impensabile oggi, quello cui Pizzaballa offriva le sue spalle larghe, le sue mani accoglienti e i suoi guanti di pellaccia: un calcio ruvido, sincero, come un vino fatto di mosto, fermento fermentato e poco altro. Volti spesso sconosciuti, spesso ritoccati (sulle figurine), spesso ingannevoli (per esempio: quanti anni aveva il povero Udovicich, quanti il doriano Delfino e il vicentino Carantini?). Pareva 50. Pizzaballa no. Pizzaballa avevo un che di hollywoodiano. A Roma, a fine anni 60,A Roma, lui e sua moglie lasciare un pezzo di cuore.
Quando torno al nord si trovò in campo nel pomeriggio della “fatal Verona” (per il Milan), sponda scaligera. Ricorda ancora con una punta di dispiacere di non aver potuto partecipare alle Olimpiadi di Tokyo, “perché c’erano troppi professionisti in quella nazionale”. Altri tempi,è evidente. La figurina di Pizzaballa era come se non esistesse. Noi ragazzini mesi e mesi ad aspettare che si materializzasse nella bustina. Niente. Disse: “sono l’unico portiere-figurina della storia!”. Quella figurina gliela regalò un professore di cavallino otto anni fa. Ieri, prima di partire per Venezia, È andato come sempre la sua scuola calcio di Gorle col figlio Pierpaolo: l’amore prima di tutto: “I bambini che alleno sono il mio nutrimento spirituale”. Amore per Lucia, la famiglia, il pallone: tre versi una sola poesia.