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Cristiano Ronaldo, il gol alla Samp e la biomeccanica di un capolavoro: una questione di «sapere senza pensare»

di Sandro Modeo (Corriere delle sera)

Non si tratta solo di una delle tante reti-monstre di CR7, ma di una prova didattica delle sue qualità specifiche: atletiche, biomeccaniche e soprattutto neuro-cognitive

Quello alla Sampdoria non è solo uno dei tanti gol-monstre di CR7, ma uno di quelli che fungono meglio da prova didattica delle sue qualità specifiche: atletiche, biomeccaniche e soprattutto neuro-cognitive. Dando per acquisita l’eccellenza tecnica di tutta l’azione (il cross di sinistro di Alex Sandro — a eludere la linea difensiva doriana — e la precisione «molecolare» dell’impatto sulla palla per indirizzarla a fil di traversa), colpiscono vari aspetti, alcuni immediati (ma ingannevoli), altri più nascosti.

Il primo — ovvio — è l’elevazione, uno stacco di 71 cm. che porta il giocatore-atleta a colpire a 256 cm. Buona, ma non certo eccezionale, come non eccezionale è l’altezza dell’impatto stesso: 71 cm. equivalgono a 28 pollici, più o meno quanto — è stato giustamente ricordato su Sky — l’elevazione di un giocatore di basket nei test precampionato, mentre i dati assoluti si spingono a oltre il doppio, se l’elevazione del leggendario Kadour Ziani («slam dunk») arriva a 60 pollici; senza dimenticare che lo stesso CR7, in altri gol-monstre di testa, ha saltato molto di più, vedi l’impatto testa-palla a 293 cm. in un Real Madrid-Manchester United del 2013. Il punto è che nel gol alla Sampdoria l’elevazione è funzionale alla dinamica di gioco, cioè alla coordinazione necessaria per assecondare la traiettoria di Alex Sandro. Saltare troppo alto o troppo basso avrebbe vanificato tutto (lo vediamo spesso in tanti giocatori meno dotati), così come saltare troppo presto o troppo tardi (fuori tempo).
E qui si innesta il secondo tratto della giocata: la «sospensione», quella sì eccezionale (0,92 centesimi di secondo), tanto da aver innescato paragoni con molti altri stacchi di testa storici (su tutti, quelli del milanista Hateley su Collovati nel mitico derby dell’ottobre ’84 o di Pelè su Burgnich nella finale mondiale Italia-Brasile del ’70 all’Azteca) e, di nuovo, con la tecnica cestistica (il tiro in sospensione o il terzo tempo). Tutto legittimo ma sfocato, perché in questo caso la sospensione è dinamica, in movimento, distribuita lungo un salto che avviene sia in elevazione che in estensione, sempre secondo necessità rispetto alla palla di Alex Sandro e alla modalità programmata per colpirla.


Siamo così al terzo aspetto, quello decisivo e riassuntivo: la capacità di CR 7 — condivisa con altri fuoriclasse, Messi in primis — di reperire informazioni dall’ambiente circostante con maggior velocità rispetto alla media dei giocatori, per poi elaborarle in decisioni-esecuzioni appropriate. Tutto era già emerso in un test-esperimento condotto nel 2011 da Andy Ansah, di Soccer A.M., che aveva confrontato le prestazioni di CR7 con quelle di altri giocatori dilettanti di un certo livello (in particolare un suo coetaneo, chiamato nel trial «Ronald», quasi un giocatore-ombra). In quel trial, infatti — grazie a leggeri caschi con specchietti e infrarosso indossati dagli atleti — si era potuto notare come da un lato i movimenti oculari di CR7 per scremare informazioni (sulla palla, il difensore, le distanze) fossero «brevi, mirati, precisi» (a differenza di quelli «a flipper» dei dilettanti); dall’altro, come tutto questo si convertisse in tempi non ordinari nel vagliare una palla in arrivo: 200 millisecondi (un quinto di secondo) per la percezione visiva d’insieme, e solo 500ms (mezzo secondo) per valutare — nel rapporto occhio/cervello — velocità e traiettoria della palla stessa e pianificare il gesto tecnico adeguato. Dati da Predator-Terminator.

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È il famoso «sapere senza pensare» studiato dallo psicologo cognitivo tedesco Gerd Gigerenzer in un testo già classico («Decisioni intuitive») a proposito di giocatori/atleti di tanti sport, dal golf al baseball, come nel caso esemplare dell’interbase che sintetizza inconsciamente nel suo gesto — una corsa regolata dall’ «angolo dello sguardo» sulla palla — tutti i complessi dati fisico-matematici necessari: distanza; velocità iniziale e «angolo di lancio» della palla; velocità e direzione del vento in ogni punto della traiettoria; punto di ricaduta al suolo. Tornando al gol-monstre alla Sampdoria, non diversa è stata la «decisione intuitiva» di CR 7 sulla traiettoria del cross di Alex Sandro: una valutazione anticipata della dinamica d’insieme che gli ha permesso di graduare l’accelerazione (il rapporto ampiezza /frequenza dei passetti di entrata), lo stacco, la battuta. In questo, i tratti già esaminati (salto in elevazione/estensione e sospensione) si integrano in una sequenza più complessa e cognitivamente più ricca, in cui entra anche l’abilità atletico/tecnica del giocatore nel tenere rigido il collegamento testa-tronco, modalità decisiva (come ricordano Nicola Ludwig e Gianbruno Guerrerio nel loro «La scienza del pallone», Zanichelli) per trasmettere alla palla la massa «dell’intero corpo del calciatore» e aumentare l’intensità della stoccata.

Giocate simili — per i modi e soprattutto per i tempi — costringono tutti gli altri attori dell’evento a diventare osservatori, travolti da quella «sospensione dell’incredulità» che scatta davanti al gesto di un Supereroe. Così è stato per i difensori del Doria, la cui risposta tardiva — in una sacca spaziotemporale successiva al gesto di CR7 — si è limitata a un saltellìo balbettante-impotente; per Ranieri, che si è abbandonato a un sorriso di resa, vagamente prenatalizio; e per tutti noi, che abbiamo ricevuto in pochi secondi una lezione di scienza (dalla fisica alla neuropsicologia) tra le più coinvolgenti che si possano desiderare.

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