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L’ottava giornata di Serie A vista dai pali

di Giovanni Albanese (www.bordocampo.net)

DA COSTA PROTAGONISTA ASSOLUTO, GIORNATA STORTA PER HANDANOVIC

E’ Angelo Da Costa del Bologna il numero 1 della giornata all’ottavo turno di Serie A. Il portiere del Bologna pesa sul pari conquistato dalla squadra di Roberto Donadoni sul campo della Lazio, salvando più volte il risultato nel corso dei novanta minuti. L’estremo difensore brasiliano, che ha subito 7 reti in 6 gare giocate finora in campionato, è stato protagonista di ben 7 salvataggi nel corso della gara sui 25 tiri subiti, 8 dei quali in porta. Immobile, l’avversario che maggiormente ha tentato di infilarlo, è riuscito a batterlo solo su calcio di rigore, spiazzandolo. Ottima prestazione di giornata per Emiliano Viviano: il portiere della Sampdoria salva la sua squadra parando un calcio di rigore a Caprari, ma è ingenuo sul piano della gestione nervosa. Anche contro il Pescara, infatti, perde la testa sul finale e rimedia il terzo cartellino giallo della stagione. Etrit Berisha, invece, chiude la seconda gara con la porta inviolata e consolida la sua posizione di primo portiere dell’Atalanta a discapito di Sportiello. Protagonista in negativo dell’ultima giornata Samir Handanovic: purtroppo l’interista commette un errore che consegna i tre punti al Cagliari. Continua a leggere L’ottava giornata di Serie A vista dai pali

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A Buffon il Golden Foot 2016: è il primo portiere a vincerlo

Il capitano della Juventus e della Nazionale Gianluigi Buffon è stato premiato oggi a Montecarlo con il prestigioso Golden Foot 2016. Ad annunciare il riconoscimento, Sua Altezza Reale il Principe Alberto II di Monaco: Buffon è il primo portiere ad essere insignito del premio, ed è il quarto italiano dopo Roberto Baggio (2003), Alex Del Piero (2007) e Francesco Totti (2010). Continua a leggere A Buffon il Golden Foot 2016: è il primo portiere a vincerlo

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Mazza che Hart!

Spesso ci si chiede, di questo o di quel crack del football mondiale: “E se non avesse fatto il calciatore quale strada avrebbe mai potuto intraprendere, uno così?”. Se dalla casistica generale scendiamo al particolare di Charlse Joseph John Hart, per tutti Joe, neo portiere del Toro e titolare dell’Inghilterra, la risposta che ne verrà fuori può davvero essere stupefacente. Lo spilungone di Shrewsbury, contea di Shropshire a due passi dal Galles, infatti, ha lo sport nel sangue, l’agonismo nel destino fin dalla più tenera infanzia. Il portiere del Toro, infatti, fino quasi al compimento del quindicesimo anno d’età, aveva una grandissima passione: così racconta Jack Shantry, un suo ex compagno di squadra nello Shrewsbury Under 13 e Under 15. Mica di football, però. Di cricket: dopo il calcio, l’altro grande amore d’Oltremanica, una disciplina che più inglese non si può.

Amici fraterni

«Ho conosciuto Joe a sette anni, a scuola – spiega Shantry, stella del Worcestershire. Abbiamo studiato insieme e siamo stati compagni di squadra, sia nella rappresentativa di football che in quella di cricket. Eh sì: a cricket eravamo forti, ma forti forti, al punto da diventare campioni giovanili d’Inghilterra. A calcio sì, ci giocavamo. La passione vera, però, erano wickets and bails, ossia i 4 bastoni, 3 verticali e 1 orizzontale, a cui mira il lanciatore: quelli sì che ci facevano andare fuori di testa e passare ore e ore e ore insieme… Io e Joe abbiamo frequentato la Oxon CE Primary School (l’equivalente della nostra scuola Elementare nel sistema d’istruzione d’Oltremanica). Eravamo legatissimi da ragazzini e non nego che, any given saturday, ogni sabato che il Signore manda in terra, ancora adesso io butto un occhio su quello che ha fatto il City per capire se Joe è felice per aver realizzato un buon lavoro o arrabbiato perché le cose non sono andate come voleva. Sì, volevo dire buttavo: ora dovrò ricordarmi di controllare la tv alla domenica e non al sabato, visto che lui è andato a lavorare in Italia. Alla Worcestershire Academy Joe era nella classe dell’anno precedente al mio. E’ passato qualche lustro e dunque ve lo posso pure confessare: era più forte di me, sia a cricket che a pallone. Credetemi: non fosse stato un calciatore, se avesse preferito la palla piccola, quella del mio sport, al pallone grosso del football, ne avremmo comunque sentito parlare, sarebbe diventato una star anche in questa disciplina tanto cara a noi britons. Joe avrebbe potuto essere uno dei migliori della contea, e non solo: ricordo bene la sua velocità e che mazzate dava alla palla! Sì, aveva tutte le caratteristiche per sfondare pure nel cricket». Amici sui banchi, da bambini. Compagni di squadra da ragazzini, ma con destini opposti: «Io a pallone mi sono fermato alla militanza nella Manchester University e all’anno in prestito negli Hyde United – conclude Shantry -. Alla fine di quell’anno con i Tigers, tra i semiprofessionisti, ho firmato con il Worcestershire. L’età dei dubbi era passata: avevo scelto wickets and bails. Io amavo il cricket».

I comandamenti

E mentre Shantry scacciava ogni dubbio calcistico giurando amore eterno al cricket, Joe, di un anno più vecchio dell’amico, abbandonava le partite interminabili con caschetti, mazze e palle più piccole per mettere i guantoni giusti, quelli da portiere di football. Per sempre. E anche il senso del piazzamento e la destrezza che sono fondamentali nel cricket lo hanno aiutato a diventare un grande portiere. Parte del merito va a Dave Timmins: il suo primo allenatore allo Shewsbury Town. Di più, il suo mentore. Fu proprio Timmins, ora al Port Vale, club di League One, a insegnare a Joe alcune chiavi per avere successo e per riuscire a mantenerlo, perché questo è il difficile. «Innanzitutto gli spiegai che “il corpo è il tuo tempio”: lo trasformai in 3 anni da un gracilino e impacciato lungagnone in un atleta muscolare ed esplosivo molto simile all’Hart di adesso, insomma». Quindi Timmins passò allo step due: “Rifuggi la tua zona di comfort e sicurezza”, mettendolo a giocare con ragazzi di due tre anni più anziani. Una mossa fondamentale, che ha abituato Hart a gestire la pressione e a elevare le sue performance. Step 3 della cura Timmons fu “sii impegnato”. «Ci stavamo allenando ed era inverno. Pioveva e faceva un freddo allucinante che ti entra nelle ossa e ti annebbia il cervello. Joe tremava come una foglia e piagnucolava. Ma mica ha mollato, eh. Il giorno dopo il clima era lo stesso e Joe era sempre lì, a respingere palloni. Ecco, il suo spirito è rimasto immutato: può prenderla con le mani, i piedi, la coscia, pure la faccia. Lui resta lì e non si arrende. Non c’è nulla che lo può fermare», continua Timmins. Ma la cura su Joe andò avanti, altri gradini dovevano essere saliti. “Sii concentrato e amplia il tuo range di abilità”. E poi: “Impara dai migliori. Guardali, studiali”. Aggiunge Timmins: «Fin da giovane coltiva un’etica del lavoro e una voglia di imparare pazzesche». I migliori per il giovane Hart erano due e soltanto due: un inglese e un danese, David Seaman dell’Arsenal e Peter Schmeichel dello United. L’ultima regola, step 6, di Timmins è forse quella a cui Joe ha pensato di più nell’ultima settimana, che lo ha portato a vestire il granata: “Abbi sempre una rete di sicurezza”. «Capita anche ad altri tipi di sportivi. Dopo un errore, quando le cose non vanno benissimo, ricominci a fare le cose semplici, quelle che ti riescono meglio. E riparti. E torni a essere forte». Il Toro, la rete di sicurezza di Joe Hart. Cosa può essere Hart per il Toro? Semplice, l’uomo che non molla mai, manco se deve pararla con la faccia a dieci gradi sotto zero, sotto la neve.

[Fonte Tuttosport 3/9/2016]

 

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Ecco Perotti: sul dischetto è un artista

Non ha sbagliato un rigore in carriera: ne ha segnati 9.
Dai movimenti alla rincorsa: scopriamo come l’argentino della Roma riesce a spiazzare i portieri.

Guarda dritto negli occhi il portiere, prima di decidere. Ne studia il movimento, senza neppure pensare al pallone durante la rincorsa. E nella guerra di posizione (e di nervi) vince lui, piazzando il pallone puntualmente dalla parte giusta: Diego Perotti è il braccio armato della Roma di questo inizio di stagione. Tiratore gelido, piede preciso. Continua a leggere Ecco Perotti: sul dischetto è un artista

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Squadre di B, riserva di ricchezza

La Redazione pubblica l’articolo redatto da Stefano Saladin per il giornale Tuttosport in data 5-7-2016. A distanza di pochi giorni dall’eliminazione dagli Euro2016 ai calci di rigore contro la Germania, il giornalista fa un’attenta analisi sull’importanza delle seconde squadre nelle altre nazioni. Questa riforma, oltre ad essere una vera rivoluzione per il calcio italiano, sembrerebbe fatta su misura per i portieri giovani e bravi, che ne trarrebbero grande vantaggio a differenza (forse) di quanto accade nei campionati dilettanti e di Lega Pro.

Istituite da tempo in Francia, Germania e Portogallo. In Italia se ne parla da tempo…
La differenza si vede prima di tutto nel ricambio generazionale: le altre nazionali presenti a Euro 2016 erano quasi tutte più giovani di noi.

di Stefano Salandin

Il tifo, l’amor patrio, la condivisione di di sentimenti è tutto il cumulo di emozioni che si porta appresso una partita della nazionale, tanto più in un torneo come l’europeo ho il mondiale, rischiano spesso di far perdere di vista la realtà delle cose a vantaggio delle emozioni e dell’irrazionalità del momento. Così, c’è chi sostiene che l’Italia calcistica abbia tracciato una linea di futuro, lasciando un’eredità con le prestazioni “scientificamente ardite” messe in Francia. Purtroppo non è così. Non lo è principalmente in considerazione dell’età media della nostra nazionale, la terzultima tra le 24 squadre che hanno partecipato alla fase finale, ma non lo è anche, e soprattutto, perché l’intero movimento non è sorretto da una (sufficiente) forza riformatrice da parte della federazione. Troppo blande le nuove norme su tesseramento degli extracomunitari e sull’introduzione dei “giovani di serie” (quelli formati nei vivai) che hanno pochi grossi (Pandev e Icardi, per dire, sono formati ma non arruolabili in azzurro) e che soprattutto sono monche se non seguite da altre modifiche. Prima fra tutte, l’istituzione delle seconde squadre. Francia, Germania e Portogallo (del Galles trattiamo a parte), per esempio, le hanno istituite da tempo.

Come funziona
Qui in Francia le “squadre B” non prevedono limiti di età, ma devono mantenere almeno due categorie di differenza rispetto alla prima squadra. I costi di gestione sono estremamente bassi, essendo inserite in un sistema semiprofessionistico (tra i 500 mila e i 2 milioni di euro l’anno) e permettono anche il passaggio costante dei giocatori tra la prima e la seconda squadra. I benefici per i club-madre e la nazionale dipendono molte dalle strategie: il Psg multimilionario ne ha comunque tre (Rabiot, Maignan e Ongneda), il Lione e quello che pesca di più: Lacazette, Untiti (titolare contro l’Islanda e venduto al Barcellona facendo fruttare una plusvalenza pazzesca al club), Lopes e molti altri. In nazionale, oltre a lui, c’è anche Digne e in Brasile tra i convocati pure Ruffier, Cabella e Varanne. Il Portogallo assomiglia molto alla Francia con la differenza che la squadra riserve può arrivare fino in serie B. Dopo la loro istituzione, il Portogallo ha esaltato la sua caratteristica di nazione esportatrice di talenti e la nazionale, dopo un lungo periodo di oblio, è tornata a disputare le ultime quattro manifestazioni mondiali e le ultime cinque europee. La Germania, infine, è l’esempio più scintillante virtuoso. La riforma è stata avviata dopo il disastro all’europeo del 2000 (eliminata ai gironi) e dopo che nei quattro anni precedenti – guarda un pò – aveva cambiato più CT che in tutta la storia della federazione alla vana ricerca di un salvifico taumaturgo. Le basi furono i nuovi stadi e le accademy: per iscriversi alla Bundesliga, ogni club deve avere un settore giovanile che risponda a determinati requisiti tecnici federali e abbia adeguati budget. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un mondiale vinto e mai meno di una semifinale negli ultimi 10 anni. E praticamente tutti i giocatori della nazionale arrivano dalle seconde squadre (limite massimo la terza serie e niente coppa di Germania) a cui vengono girati i giovani delle accademy in attesa che siano pronti per il grande salto in Bundesliga. Ma attenzione: anche la Spagna campione in Sudafrica aveva 21 giocatori su 23 provenienti dalle seconde squadre (e il rinnovamento è pronto) e la stessa Inghilterra, la nazionale con l’età media più bassa dell’europeo, ha avviato una importante riforma nel 2012. Virtuoso anche il percorso avviato dal Belgio, i cui talenti sono stati penalizzati in Francia dalla disastrosa guida tecnica di Marc Wilmots.

“Era conte l’unico valore aggiunto dell’Italia. In Francia sono rimaste in gara quattro nazionali a contendersi il titolo di campione d’Europa. Tre di queste sono emanazione di federazioni che hanno istituito le “seconde squadre” nell’ordinamento calcistico mentre una, il Galles, è una anomalia che comunque ha avviato un rinnovamento di rapporti con le società sulla falsariga di quello che Conte avrebbe inteso portare avanti con i nostri club. L’Italia che tornata a casa, invece, non ha né le seconde squadre nè nuovi rapporti, bensì “solo” un’anomalia: Conte. Che in futuro non ci sarà più”.

Il taumaturgo
Già, la controprova non esiste, ma cosa avrebbero combinato squadre giovani e di talento, come appunto, Belgio e Inghilterra se fossero state affidate a Conte? O allo stesso Prandelli che, sarà opportuno non scordarlo mai, pure ereditò una nazionale reduce da macerie mondiali e la portò addirittura al secondo posto dell’europeo nel 2012. Anche allora si sostenne che quella era un’eredità importante per il calcio italiano, ma in assenza di radicali profonde riforme abbiamo visto tutti come è andata a finire. Infatti siamo ancora qui, in attesa del prossimo taumaturgo che sappia far gettare il cuore oltre l’ostacolo giocatori (Buffon e difesa azzurra parte) dal talento medio e S’ con pochissima esperienza internazionale.

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Euro 2016, Hart, Berisha e Tatarusanu: è la rassegna delle papere dei portieri!

Non è ancora finita la fase a gironi e già sono molti i protagonisti in negativo. In particolare, quello della Romania, con la sua uscita a vuoto contro l’Albania, ha condannato la sua nazionale all’eliminazione

Sembrano tanti piccoli Jacques Tati, nella sua rappresentazione del portiere sconfitto che finisce sempre col raccogliere il pallone in fondo alla rete a causa delle sue strampalate uscite. Sembrano destinati a passare alla storia come il personaggio interpretato dal mimo francese che, in maniera un po’ goffa, s’infortunava calciando il pallone e usciva dal campo zoppicante col suo inseparabile trench. Sarà l’aria francese o sarà un caso, ma i portieri di Euro2016, in queste prime giornate, hanno ricordato, più o meno inconsapevolmente, quelle scenette, rendendosi protagonisti di papere imbarazzanti e spesso decisive. Continua a leggere Euro 2016, Hart, Berisha e Tatarusanu: è la rassegna delle papere dei portieri!

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Claudio Filippi ad Hannover

Il prossimo 25 Giungo, il mister Claudio Filippi farà parte dei relatori al Seminario organizzato da Airbody e dal club tedesco Hannover 96. L’evento andrà in scena nello stadio dell’Hannover 96 (nella città di Hannover, Germania). Ecco la lista dei temi trattati dal mister juventino:

  • Il portiere nel 2016
  • Metodologia e strumenti di allenamento
  • Metodologia Juventus

Gli altri relatori saranno Brian Sørensen (che con l’occasione presenterà una nuova versione dello sparapalloni) e Jörn Sievers (Hannover 96). Appuntamento per le ore 9. Per maggiori informazioni, visitate la pagina ufficiale del seminario sul sito web del club tedesco.