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Morto Gordon Banks: fermò Pelé con la parata del secolo

Lo storico portiere inglese, campione del mondo con la sua Nazionale nel 1966, è scomparso all’età di 81 anni. Nei Mondiali del 1970 si rese protagonista di una straordinaria parata su Pelé, per molti la più bella della storia del calcio.

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Elisabetta Milone star col Gallarate

Alla Novese c’è un portiere “tuttofare” para tutto la domenica, segna in settimana.

Nella Novese femminile che domenica, all’ultimo giro di lancette, ha espugnato Gallarate, la firma più visibile è stata quella del portiere Elisabetta Milone, per una volta più importante di chi ha segnato.

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Il calcio mi ha fatto dare i numeri

di Luigi Bolognini (il Venerdì di Repubblica 04-01-2019)

Lavorava alla Coca Cola, poi Marco D’avanzo ha mollato tutto per amore delle statistiche, mettendo in ordine gol, dati e tabelloni di 90 mila partite. Una pazzia? No, un lavoro. Da n.1.

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Quei tre della Spal grandi nel Napoli

Quando da Ferrara giunsero in maglia azzurra Bugatti il “gatto volante”, Corelli mediano di lunga gittata e Di Giacomo “il bersagliere”. Estate 1953: il portiere fu l’unico acquisto di Lauro, costò 55 milioni.

di Mimmo Carratelli (Corriere dello sport 21-12-2018)

Lauro tirò fuori un pacchetto delle sigarette svizzere, ne buttò il contenuto, rovesciò la scatola e sulla parte interna scrisse con una matita: “Pagate per me 55 milioni”. Firmò col suo nome. Poi disse: “Vai alla Banca commerciale e fatti pagare”. Paolo Mazza, ex elettricista e presidente della Spal, osservò: “Ma, Comandante, questo non è un assegno”. “Tu non ti preoccupare, vai in banca”, lo rassicurò Lauro. L’uomo andò in banca col rovescio del pacchetto di sigarette, lo mostrò a un cassiere e quello gli consegnò 55 milioni di lire. Era il prezzo fissato per il trasferimento di Ottavio Bugatti, portiere, dalla Spal al Napoli, estate del 1953.

Un altro tempo, un altro mondo. Alla radio la prosperosa vicentina Mammola Sandon, in arte Flo Sandon’s, cantava “El negro zumbòn”. Morì Stalin, morì Tazio Nuvolari. A 25 anni, Elisabetta divenne regina d’Inghilterra. A Cuba Castro portava avanti la sua rivoluzione. In Italia, non stavamo tanto male dopo esserci ristabiliti con gli aiuti del Piano Marshall. Andavamo verso il boom, più auto, più frigoriferi, più panettoni. Non c’era ancora l’Autostrada del Sole, a Roma venne inaugurato lo Stadio Olimpico.
Questo fu il 1953. Dopo tredici anni l’Inter (allenata da Alfredo Foni con Lorenzi, Ghezzi, Skoglund, Nyers) vinse lo scudetto, ci prese gusto e lo rivinse anche l’anno dopo sempre precedendo la Juve. Il Napoli, quando arrivò Bugatti, aveva concluso il campionato al quarto posto. Fu l’unico acquisto di Lauro, ma c’era una buona squadra con Jeppson e Amadei, Comaschi e Vinyei, allenata da Monzeglio. Il Comandante spadroneggiava sulla città, sindaco da un anno con 117 mila voti di preferenza. Nel rinnovato Rione Carità svettò un grattacielo e stavano per pioverci addosso 120 miliardi di lire della Legge speciale per Napoli. Continua a leggere Quei tre della Spal grandi nel Napoli

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La lezione del Belgio: Bimbi liberi sì, classifiche no. Così si vola

di Alex Frosio (Gazzetta dello sport 1/11/2018)

Il direttore tecnico dei diavoli rossi Van Der Haegen spiega come sono passati dal flop del 2000 al bronzo in Russia.

Eden Hazard. Kevin De Bruyne. Dries Mertens. Romelu Lukaku. E poi Carrasco, Meunier, Chadli, Courtois, Praet, Witsel, Batshuayi, il più giovane Tielemans. L’elenco potrebbe proseguire a lungo. Sono tutti i talenti del Belgio, che al Mondiale 2018 in Russia ha ottenuto il miglior piazzamento della sua storia. E che occupa il primo posto nel ranking Fifa, posizione raggiunta per la prima volta nel 2015. Nel 2007, il Belgio era alla posizione numero 71, la peggiore della sua storia. Il punto di non ritorno, per il calcio belga, era arrivato 7 anni prima, all’Europeo organizzato in casa in collaborazione con l’Olanda: i Diavoli Rossi – che proprio diavoli non erano – non superarono nemmeno la fase a gruppi. La federcalcio belga, in collaborazione con il governo, capì che bisognava fare qualcosa. E non è che improvvisamente le donne si siano messe a sfornare talenti destinati al calcio. No: dietro c’è una filosofia di lavoro che nel giro di una generazione ha dato frutti aurei. In un recente podcast dal titolo «Way of Champions», il direttore del settore tecnico della federcalcio belga Kris Van der Haegen l’ha spiegata punto per punto. L’applicazione pratica collima per molti versi con altri esempi – l’Olanda, la Francia, la Germania, per certi versi anche l’Italia – ma sono soprattutto i princìpi ispiratori a colpire. E a spiegare perché siano cresciuti – più che nati – giocatori come Hazard o De Bruyne.

COME IN STRADA. Uno dei punti principali è il giovane calciatore. E’ lui il protagonista, non la squadra o l’allenatore. Con i piccoli bisogna fare ciò che piace a loro, capirne le caratteristiche e adattare il contesto. Da qui, il principio successivo: «I bambini vogliono giocare a modo loro, non come adulti – ha spiegato Van der Haegen – Se metti un bambino su una bici da adulto, ti danno del matto. Ma è ciò che succede di solito nel calcio: gli si chiede di giocare 11 contro 11, ma non ne sono capaci». Quindi quasi solo partitine uno contro uno e con il portiere. Come in strada. Con campi vicini. Due tempi di tre minuti: chi vince va a destra, chi perde a sinistra. Così prima o poi tutti trovano avversari del proprio livello e si divertono ancora di più. Partite a 11 solo dall’Under 14.

EDUCAZIONE E LIBERTÀ. Alla base c’è anche il governo fiammingo, con l’introduzione di un’educazione motoria a scuola che permette di provare vari sport e «rimandare» la scelta definitiva. E chi poi sceglie il calcio deve divertirsi. Dunque, altro principio: libertà al calciatore. Di nuovo, come nel calcio di strada. L’allenatore osserva e guida, ma non dice mai «fai questo, fai quello»: così si coltivano giocatori creativi. Sempre contro degli avversari, mai nei «famigerati» 11 contro 0. Perché il calcio è uno sport in cui vanno prese decisioni, e il giovane calciatore deve imparare a prendere in autonomia quelle decisioni.

NIENTE CLASSIFICHE. Un altro punto chiave, difficilissimo da spiegare agli italiani (allenatori, dirigenti, genitori) è «vincere non conta». Non ci sono classifiche fino all’Under 14. Senza l’assillo del risultato, giocano tutti, anche perché in Belgio (ma anche in Italia) tutti i giocatori di una squadra devono entrare in campo. E poi grande attenzione ai «ritardatari», cioè chi sviluppa tardi il proprio talento: Lukaku a 12 anni era un bestione coi piedi quadrati, De Bruyne è entrato nelle nazionali giovanili solo a partire dall’Under 18. Quindi se necessario, spostare i meno dotati con quelli di un anno più piccoli, in un contesto meno impegnativo, dove magari il loro talento può uscire. Euro 2000 fu un punto di svolta anche per la Germania, il 1994 lo fu per la Francia. Se il flop dell’Italia in Sud Africa nel 2010 fosse stato «letto» meglio, forse ci saremmo risparmiati il 2014 e ancora di più la disastrosa esclusione del 2018. Che dite, non è ora di svegliarsi dall’incubo?

I PRINCIPI DI LAVORO

1.Il calciatore al centro. Protagonista è il calciatore, non l’allenatore o la squadra. A lui si adatta il contesto

2. Mini-partitine. Niente calcio a 11, ma uno contro uno più i portieri: tanti tocchi, tanti gol, divertimento

3. Educazione motoria. I ragazzini imparano le funzioni motorie basiche e provano tutti gli sport

4. Libertà. L’allenatore non ordina ma lascia libertà: così si sviluppa la creatività in campo

5. Giocare, giocare, giocare. Sempre giocare simulazioni della partita: così si impara a prendere decisioni

6. Vincere non conta. Fino all’Under 14 non ci sono classifiche. Senza l’assillo del risultato, tutti possono giocare

7. I ritardatari. C’è chi sviluppa più tardi il talento: se serve, che giochi con quelli di età inferiore

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Torna l’ora di educazione fisica alle elementari e nasce la Federazione per lo sport scolastico: 12mila assunzioni

Per tutti coloro che hanno partecipato ai nostri seminari, nella stagione precedente, capiranno l’importanza della notizia riportata da Ilfattoquitidiano.it

Siamo stati programmati dalla natura per muoverci e noi abbiamo fatto di tutto per rimanere fermi, con la conseguente crescita di una nazione con dati allarmanti di obesità infantile, malattie cardiovascolari e, nonostante la nascita di tante “scuole sportive”, scarsi risultati in tutte le discipline sportive. Il cambio di rotta è vicino?

di Lorenzo Vendemiale

In tutti questi anni il Coni ha provato a fare da supplente, ora arriverà il docente di ruolo. Il piano del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, è far rinascere i vecchi Giochi della gioventù, con il Miur, che curerà l’organizzazione di tutte le competizioni

In tutti questi anni, lo sport è sempre mancato nella scuola italiana. Il Coni ha provato a fare da supplente, ora arriverà il docente di ruolo: il ministero, che se ne occuperà finalmente in prima persona con l’introduzione dell’ora di educazione fisica anche alle elementari e soprattutto la creazione di una Federazione per lo sport scolastico, non alle dipendenze del Coni ma del Miur, che curerà l’organizzazione di tutte le competizioni studentesche. Il sogno è far rinascere i vecchi Giochi della gioventù. È il grande piano del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, da realizzare già nella prossima manovra: una vera rivoluzione per il movimento sportivo e per tutta la scuola italiana.

RIVOLUZIONE MOTORIA – L’assenza di attività degli studenti, grandi e soprattutto piccoli, è il vero tallone d’Achille del nostro sistema. Lo Stato a lungo se n’è disinteressato, il Coni ha provato a farsene carico, allargandosi fuori dai propri confini con risultati alterni (tante le storture del progetto “Sport di classe”, ad esempio), ma prendendosi, a sue spese, responsabilità altrui. In alternativa ci sono sempre i corsi privati, ma quelli sono a pagamento e possono costare anche 200-300 euro a famiglia. Adesso si cambia, come lasciato intendere dal Def. “Ai fini dell’ampliamento dell’offerta formativa saranno intraprese misure per assicurare il reclutamento dei docenti con titoli idonei all’insegnamento dell’educazione motoria nella scuola primaria. Occorre inoltre rivedere la disciplina relativa all’organizzazione delle attività sportive scolastiche”. Indicazioni vaghe, che stanno prendendo forma in queste ore in un nuovo piano per l’educazione motoria che sarà uno dei provvedimenti principali del pacchetto istruzione della legge di bilancio (dal valore di circa 300 milioni di euro), che Il Fatto Quotidiano è in grado di anticipare.  Si articolerà essenzialmente in due punti: la creazione di una Federazione per lo sport scolastico e l’introduzione dello sport alla scuola primaria, con la creazione di una nuova figura del maestro di educazione fisica (e relative assunzioni).

LA FEDERAZIONE DELLO SPORT SCOLASTICO – Oggi in Italia esistono 44 Federazioni sportive, tutte sotto l’egida del Coni. Ne nascerà un’altra, però alle dipendenze del Miur, che si occuperà delle attività scolastiche. Il termine Federazione in realtà è indicativo (non è neppure detto che si chiami davvero così alla fine), ma rende bene l’idea: le competizioni studentesche dovranno passare da questa nuova direzione ministeriale. Attualmente il sistema è farraginoso: gli istituti sono liberi di organizzare solo degli allenamenti collegiali (ammesso che ne abbiano tempo, voglia e risorse). Per tutte le manifestazioni devono rivolgersi alle Federazioni, il che vuol dire prevedere omologazione di campi e gare, allenatori qualificati, giudici federali. Standard troppo alti (del resto le Federazioni nascono per curare l’agonismo e l’alto livello, non l’attività di base) che hanno finito involontariamente per scoraggiare l’attività.

Le competizioni si risolvono in una giornata di gare, a partire dalla fase provinciale in su (per cui le Federazioni sono costrette a fornire supporto alle scuole), mentre della più larga fase distrettuale si è persa traccia: la maggior parte dei bambini resta tagliata fuori, il movimento soffocato. Su ciò interverrà la nuova federazione ministeriale: non sarà una deregolamentazione totale, semplicemente questo organismo prevederà delle nuove regole, più adatte alle scuole, agli studenti. E nel medio lungo termine questo dovrebbe portare alla rinascita dei Giochi della gioventù, un grande patrimonio della scuola e dello sport italiano, scomparsi nel 1996 (e poi resuscitati in forma ridotta negli ultimi anni): oggi esiste il Trofeo Coniorganizzato dal Comitato di Giovanni Malagò e i campionati studenteschi del Miur. L’idea è riunirle in un’unica, grande manifestazione a cui partecipino davvero tutte le scuole.

EDUCAZIONE FISICA ALLE ELEMENTARI – La rivoluzione, però, parte dalla base: e per supportare questo piano bisognerà iniziare dalle elementari. Oggi, col maestro unico, i bambini fanno solo attività generiche (quando va bene): presto (probabilmente a partire dal 2020/2021), verrà introdotta l’ora curriculare di educazione fisica, con un vero maestro. Questa è anche la parte più complicata (e costosa) del progetto, su cui stanno lavorando i tecnici ministeriali. In parlamento sono depositati due disegni di legge simili, uno a firma Movimento 5 stelle, l’altro della Lega, che dettano le linee generali e quantificano in 500 milioni di euro l’anno la spesa (ma non indicano le coperture) e soprattutto testimoniano l’unità d’intenti all’interno della maggioranza: la base è questa, “ora si tratta di ancorare quel ddl alla realtà”, spiegano da viale Trastevere.

I NUMERI: 350 MILIONI E 10MILA MAESTRI? – L’idea è due ore alla settimana per ogni classe: in Italia ce ne sono circa 130mila nella scuola primaria. Considerando che l’orario di un docente è di 22 ore settimanali, ci vorranno circa 12 mila maestri di educazione fisica: è una figura attualmente non presente, per cui verrà creata una nuova classe concorsuale (e quindi degli appositi concorsi). Sulla sua definizione si sta discutendo (i sindacati, che non vogliono scardinare il concetto del “maestro unico”, sono contrari): sicuramente saranno laureati in scienze motorie, magari con una serie di crediti specifici sulla pedagogia da prendere nel corso della specialistica all’università. Il ministro Bussetti, comunque, spinge per semplificare il più possibile: no a troppi titoli come requisito di accesso, o a corsi a pagamento di specializzazione.  Tutto il progetto, con le assunzioni, il sostegno alla Federazione e pure la rinascita dei Giochi della gioventù, potrebbe valere circa 300-350 milioni, da trovare per lo più con economie di spesa su altri stanziamenti previsti dalla Buona Scuola (o magari fondi europei).