Il tribunale del lavoro della città della Renania-Palatinato , Germania occidentale, ha stabilito che i calciatori sono tutti uguali quando si tratta di occupazione: non possono essere certo discriminati per ragioni di età. Se il concetto prendesse piede, improbabile, dicono gli esperti, ma di fronte alle normative sul lavoro non si può mai dire, in Germania come in Italia si potrebbe finire con squadre che hanno rose di 40 addirittura 60 petali! La questione era stata sottoposta al giudice da Heinz Müller un portiere fino al 2014 tesserato del Mainz 05, formazione della Bundesliga (l’anno scorso arrivata settima nel campionato). Müller era stato tesserato dalla Germania nel 2009, in arrivo dall’inglese Barnsley, con un contratto di tre anni, esteso poi per altri due nel 2012. Alla fine del rinnovo, aveva 34 anni e la squadra ritenuto che fosse arrivato il momento di disfarsene. Al portiere non è sembrato giusto e quindi ricorso alle vie legali. Ora la sentenza gli ha dato ragione. Il tribunale stabilito che la limitazione del tempo di impiego vale solo per il lavori part-time o per i contratti a tempo determinato. Altrimenti, dopo due anni di impiego, il dipendente, anche se lavoratore del pallone, non può essere lasciato a casa. A meno che non ci siano ragioni obiettive. Nel caso in questione, ha detto un portavoce il tribunale, il fatto che il soggetto fosse un calciatore professionista non è una giustificazione per una limitazione il contratto. La motivazione della sentenza arriverà nel nel giro di un paio di settimane: Strutz (presidente del Mainz 05) assicura che ricorrerà prima tribunale e poi se ce ne sarà bisogno a livello federale. A suo parere, il verdetto se è confermato nei diversi gradi di giudizio, potrebbe avere un’importanza di grande ampiezza della portata della sentenza Bosman, quella che il 15 dicembre 1995 detto i calciatori il diritto di trasferissi da una scuola all’altra alla scadenza del contratto senza pagare una penale. Paragone un po’ tirato, dicono gli esperti: se un contratto è scritto con clausole chiare indiscutibili, dovrebbe essere a prova di bomba. Non tutti sono però così sicuri: le normative sul lavoro e i tribunali che le interpretano sono terreni minati.
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Caso Heinz Müller: scenario ipotetico, conseguenze su contratti e calciomercato – Una sentenza clamorosa che tuttavia ben difficilmente verrà confermata in Appello per poi essere messa sul tavolo della Giustizia sportiva tedesca e oltre confine. “Ritengo improbabile che ci sia uno sconvolgimento delle norme che disciplinano i contratti per gli sportivi professionisti – fa sapere l’avvocato Matteo Sperduti, che si occupa di diritto sportivo come consulente di società e calciatori professionisti – Ciò che emerge, attraverso un primo confronto con i precedenti in materia, è il chiaro contrasto con il concetto esternato in questi ultimi anni del rispetto del diritto della libera circolazione dei lavoratori sportivi, influenzato dal diritto alla concorrenza ed al libero mercato. Questa sentenza andrebbe, al contrario, a vincolare le parti per un tempo indeterminato facendo tornare la normativa indietro di vent’anni”.
Rovesciamento della sentenza Bosman – “La decisione del Tribunale del Lavoro tedesco ne rovescia i principi – aggiunge Sperduti – Mentre quest’ultima ha permesso di liberalizzare il rapporto di lavoro del calciatore professionista con le società, riducendo ad una durata massima il vincolo contrattuale e di tesseramento tra le parti, con quest’ultima decisione si potrebbe tornare al passato, facendo rinascere il “vincolo a vita” o meglio a tempo indeterminato. Si ricorda, infatti, che prima della Sentenza Bosman la normativa prevedeva un obbligo di tesseramento a tempo indeterminato dei calciatori con le società, questo indipendententemente dalla durata del contratto a carattere economico. La possibilità concessa oggi di limitare ad un determinato periodo temporale il tesseramento del calciatore è una delle grandi vittorie ottenute negli anni perchè garantisce la libertà di circolazione dello sportivo professionista”.Il nodo della sentenza Müller sta nell’aver equiparato un professionista sportivo ad un qualsiasi lavoratore impiegato in altri settori ma le divergenze sono palesi: “Si tratta di categorie di lavoratori totalmente differenti tra loro – spiega ancora Sperduti – ed in tal senso si ribadisce che il lavoro sportivo presenta una propria specificità essendo fondato su aspetti psico fisici particolari che non permettono di equipararlo ad altri settori. Garantire un contratto a tempo indeterminato ad un calciatore di età avanzata, comporterebbe ovviamente un grave danno per le società le quali si vedrebbero costrette a tesserare giovani calciatori ed a mantenere nella rosa anche i calciatori più anziani. Questa circostanza determinerebbe un aumento del numero dei tesserati nelle rose – oggi si sta tentando di ridurle – nonchè difficoltà nel garantire un posto di lavoro a tutti i calciatori professionisti”.