La Redazione pubblica l’articolo redatto da Stefano Saladin per il giornale Tuttosport in data 5-7-2016. A distanza di pochi giorni dall’eliminazione dagli Euro2016 ai calci di rigore contro la Germania, il giornalista fa un’attenta analisi sull’importanza delle seconde squadre nelle altre nazioni. Questa riforma, oltre ad essere una vera rivoluzione per il calcio italiano, sembrerebbe fatta su misura per i portieri giovani e bravi, che ne trarrebbero grande vantaggio a differenza (forse) di quanto accade nei campionati dilettanti e di Lega Pro.
Istituite da tempo in Francia, Germania e Portogallo. In Italia se ne parla da tempo…
La differenza si vede prima di tutto nel ricambio generazionale: le altre nazionali presenti a Euro 2016 erano quasi tutte più giovani di noi.
di Stefano Salandin
Il tifo, l’amor patrio, la condivisione di di sentimenti è tutto il cumulo di emozioni che si porta appresso una partita della nazionale, tanto più in un torneo come l’europeo ho il mondiale, rischiano spesso di far perdere di vista la realtà delle cose a vantaggio delle emozioni e dell’irrazionalità del momento. Così, c’è chi sostiene che l’Italia calcistica abbia tracciato una linea di futuro, lasciando un’eredità con le prestazioni “scientificamente ardite” messe in Francia. Purtroppo non è così. Non lo è principalmente in considerazione dell’età media della nostra nazionale, la terzultima tra le 24 squadre che hanno partecipato alla fase finale, ma non lo è anche, e soprattutto, perché l’intero movimento non è sorretto da una (sufficiente) forza riformatrice da parte della federazione. Troppo blande le nuove norme su tesseramento degli extracomunitari e sull’introduzione dei “giovani di serie” (quelli formati nei vivai) che hanno pochi grossi (Pandev e Icardi, per dire, sono formati ma non arruolabili in azzurro) e che soprattutto sono monche se non seguite da altre modifiche. Prima fra tutte, l’istituzione delle seconde squadre. Francia, Germania e Portogallo (del Galles trattiamo a parte), per esempio, le hanno istituite da tempo.
Come funziona
Qui in Francia le “squadre B” non prevedono limiti di età, ma devono mantenere almeno due categorie di differenza rispetto alla prima squadra. I costi di gestione sono estremamente bassi, essendo inserite in un sistema semiprofessionistico (tra i 500 mila e i 2 milioni di euro l’anno) e permettono anche il passaggio costante dei giocatori tra la prima e la seconda squadra. I benefici per i club-madre e la nazionale dipendono molte dalle strategie: il Psg multimilionario ne ha comunque tre (Rabiot, Maignan e Ongneda), il Lione e quello che pesca di più: Lacazette, Untiti (titolare contro l’Islanda e venduto al Barcellona facendo fruttare una plusvalenza pazzesca al club), Lopes e molti altri. In nazionale, oltre a lui, c’è anche Digne e in Brasile tra i convocati pure Ruffier, Cabella e Varanne. Il Portogallo assomiglia molto alla Francia con la differenza che la squadra riserve può arrivare fino in serie B. Dopo la loro istituzione, il Portogallo ha esaltato la sua caratteristica di nazione esportatrice di talenti e la nazionale, dopo un lungo periodo di oblio, è tornata a disputare le ultime quattro manifestazioni mondiali e le ultime cinque europee. La Germania, infine, è l’esempio più scintillante virtuoso. La riforma è stata avviata dopo il disastro all’europeo del 2000 (eliminata ai gironi) e dopo che nei quattro anni precedenti – guarda un pò – aveva cambiato più CT che in tutta la storia della federazione alla vana ricerca di un salvifico taumaturgo. Le basi furono i nuovi stadi e le accademy: per iscriversi alla Bundesliga, ogni club deve avere un settore giovanile che risponda a determinati requisiti tecnici federali e abbia adeguati budget. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un mondiale vinto e mai meno di una semifinale negli ultimi 10 anni. E praticamente tutti i giocatori della nazionale arrivano dalle seconde squadre (limite massimo la terza serie e niente coppa di Germania) a cui vengono girati i giovani delle accademy in attesa che siano pronti per il grande salto in Bundesliga. Ma attenzione: anche la Spagna campione in Sudafrica aveva 21 giocatori su 23 provenienti dalle seconde squadre (e il rinnovamento è pronto) e la stessa Inghilterra, la nazionale con l’età media più bassa dell’europeo, ha avviato una importante riforma nel 2012. Virtuoso anche il percorso avviato dal Belgio, i cui talenti sono stati penalizzati in Francia dalla disastrosa guida tecnica di Marc Wilmots.
“Era conte l’unico valore aggiunto dell’Italia. In Francia sono rimaste in gara quattro nazionali a contendersi il titolo di campione d’Europa. Tre di queste sono emanazione di federazioni che hanno istituito le “seconde squadre” nell’ordinamento calcistico mentre una, il Galles, è una anomalia che comunque ha avviato un rinnovamento di rapporti con le società sulla falsariga di quello che Conte avrebbe inteso portare avanti con i nostri club. L’Italia che tornata a casa, invece, non ha né le seconde squadre nè nuovi rapporti, bensì “solo” un’anomalia: Conte. Che in futuro non ci sarà più”.
Il taumaturgo
Già, la controprova non esiste, ma cosa avrebbero combinato squadre giovani e di talento, come appunto, Belgio e Inghilterra se fossero state affidate a Conte? O allo stesso Prandelli che, sarà opportuno non scordarlo mai, pure ereditò una nazionale reduce da macerie mondiali e la portò addirittura al secondo posto dell’europeo nel 2012. Anche allora si sostenne che quella era un’eredità importante per il calcio italiano, ma in assenza di radicali profonde riforme abbiamo visto tutti come è andata a finire. Infatti siamo ancora qui, in attesa del prossimo taumaturgo che sappia far gettare il cuore oltre l’ostacolo giocatori (Buffon e difesa azzurra parte) dal talento medio e S’ con pochissima esperienza internazionale.