Oggi alle 18 contro l’Austria, diventerà il primo quarantenne in un Europeo, togliendo il record a Matthäus. Col solito look: una vecchia tuta grigia di una taglia superiore alla sua, apparsa nel 1996 e da allora mai abbandonata
Il re degli Unni è immortale e combatte in pigiama. Gabor Kiraly, che in ungherese significa “re”, questa sera alle 18 calerà sulla Germania come Attila: parando per l’Ungheria contro l’Austria – e non dovrebbero esserci dubbi – diventerà il primo quarantenne in un Europeo. Il record di anzianità fin qui era di Matthäus e ognuno ha la sua passione. Per Lothar, i matrimoni: se non ha sposato qualcuno stanotte, dovremmo essere a cinque mogli (di solito non sceglie delle casalinghe sessantenni, ma questo non c’entra). Per Gabor, l’alta moda. I suoi pantaloni grigi sono apparsi nel 1996: quelli corti non gli sono mai piaciuti, quelli lunghi neri erano in lavanderia o chissà dove. È nata la leggenda del portiere coi calzoni della tuta. Grigi, lunghi, di una taglia superiore per star comodo, arrotolati dentro inguardabili calzettoni verdi o grigi. Che classe. Gabor ci tiene: il Guardian spiega che, quando viaggia, il tutone va nel bagaglio a mano, perché fidarsi delle compagnie aeree è bene, ma non fidarsi è meglio.
IL PERSONAGGIO — L’uomo, se non si fosse intuito, è particolare: una volta ha alzato un doppio dito medio contro una decisione arbitrale, per scaramanzia indossa una sottomaglia con una tigre e in allenamento si diverte con un giochino. Corner, lui esce e lancia il contropiede sparando il pallone sulla traversa. Una volta il pubblico dell’Hertha lo ha invitato a farlo in partita, il Re ha sorriso malizioso, poi ha soprasseduto. Ha fatto bene: sarà comunque immortale. Ha iniziato che si poteva prendere la palla con le mani e oggi para i 1997 con cresta come Embolo. Se poi i ragazzi non capiscono il suo stile, è un problema loro. Kiraly parerà per sempre in grigio e continuerà ad andare fiero di quella volta che ha ridipinto la fiancata della Mini in onore di Bon Jovi. Attila, se guarda questo mondo dall’alto, quella volta è inorridito.
Luca Bianchin (Gazzetta dello sport)