di Claudio Filippi e Daniele Borri
Come ormai è ben noto la prestazione il portiere è caratterizzata da interventi intensi di breve durata, intervallati da recuperi ampi con rari momenti di recupero incompleto. Le azioni di gioco del numero uno, infatti, durano al massimo tre secondi e le azioni in successione possono essere due e in rari casi tre (Filippi, 2006). Capita, infatti, di osservare portieri che dopo un primo intervento in deviazione si rialzano rapidamente compiendo grandi parate sul tiro successivo. Nella maggior parte dei casi, il secondo è determinato dalla velocità e dalla corretta esecuzione della rialzata che, per dinamiche tempi, consente al portiere di:
- Trovarsi in appoggio in equilibrio per il tiro successivo;
- Opporsi a una conclusione già indirizzata verso la porta (parata in recupero);
- Recuperare con un’uscita bassa o a contrasto un pallone che rimane in una zona potenzialmente pericolosa.
La rialzata fa parte, pertanto, dei fondamentali tecnici e come tale va insegnata, dapprima singolarmente e successivamente all’interno di un contesto più ampio e dinamico, con esercitazione di doppie parate e/o doppi interventi. Nel calcio mondiale si sono due tipologie di rialzata: la prima, che ha sempre caratterizzato i portieri brasiliani, ovvero la rialzata con giro, la seconda (che tratteremo in quest’articolo), tipica degli estremi difensori italiani. A nostro modo di vedere quella che bisognerebbe insegnare sin da piccola la terza dall’italiana, che nonostante la sua complessità rispetta quella con giro hai il vantaggio di consentire al numero uno di mantenere per tutta la sua esecuzione il corpo rivolta al campo con le spalle in avanti. Un atteggiamento più propenso alla ricerca della palla e meno difensivista rispetto alla rialzata peculiare dei sudamericani. Dimostriamo di seguito, con l’aiuto di alcune immagini, la nostra proposta didattica per una corretta rialzata.
La didattica
Si struttura in tre fasi, tutte con un obiettivo specifico:
- Rialzata con vincolo: per imparare a mantenere l’arto inferiore che si trova a contatto con il terreno in costante appoggio per tutta la durata e la risalita del corpo;
- Rialzata con proiezione del braccio in avanti: per facilitare lo sbilanciamento delle spalle in avanti e di conseguenza lo spostamento del peso corporeo sulla perpendicolare passante per il ginocchio;
- Rialzata con palla in mano: per esasperare il gesto in condizione di difficoltà. Questa rialzata, anche una valenza psicologica nell’allenamento.
Molti portieri infatti, durante le sedute, una volta eseguita una parata in presa, si “rilassano”. In realtà questo non accade durante una partita, anzi, una volta preso il pallone, è necessario di rialzarsi e predisporsi per una ripartenza. Nella continua ripetizione, quindi, oltre a fornire in questo modo compattezza al gesto, stresseremo ulteriormente il portiere per costringere a mantenere la concentrazione in ogni istante in cui è in possesso della sfera. Eviteremo in tal modo le rialzate poco ortodosse, come quella ad esempio, in cui l’estremo difensore utilizza la palla come superficie di spinta per aiutarsi a risalire.
Rialzata con vincolo
Il portiere si trova in decubito laterale destro con le gambe raccolte come se avesse appena terminato l’intervento appunto alla sua destra. L’allenatore, posto dietro di lui, con il proprio piede blocca la caviglia, impedendogli di far scivolare in avanti la gamba durante la rialzata. Vincolando il piede dell’arto a contatto con il terreno, si facilita il punto di appoggio a terra del numero uno (ginocchio) che sarà poi il fulcro di tutto il movimento. Il portiere deve spingere a terra con la mano destra e “rullando” sul ginocchio destro passare per la posizione sagittale (ginocchio destro in appoggio e piede sinistro in appoggio). Poi, completa la spinta con l’arto sinistro per raggiungere la stazione eretta. Durante il movimento è importante porre attenzione al gluteo, che non deve toccare terra. Il movimento passa, infatti per il ginocchio e la tibia. In caso contrario, il numero uno rischia di trovarsi seduto con le spalle indietro e importanti difficoltà nel risalire rapidamente (Foto 1,3,4,5,6,7 e 8).
Rialzata proiezione del braccio in avanti
L’allenatore è posto frontalmente al portiere egli “tende una mano”. Il numero uno deve eseguire la rialzata del modo corretto, proiettando, come in questo caso, il suo braccio sinistro verso la mano dell’allenatore cercando di toccarla. Questo consente al portiere di mantenere le spalle in avanti, facilitando così la proiezione del corpo verso l’alto della risalita (Foto 9,10,11,12,13,14,15 e 16).
Rialzata con palla in mano
Il portiere dalla posizione di decubito laterale gambe flesse, esegue una rialzata completa mantenendo tra le mani il pallone. Questa fase è sicuramente la più complessa in quanto il numero uno non può utilizzare il braccio destro (nel nostro esempio) come spinta (nei giovani è un vero e proprio lavoro di core). (Foto 17,18,19,20,21,22,23 e 24).
La metodologia
Considerando la rarità con cui il portiere esegui interventi successivi, è consigliabile interrompere quel costume, tramandato negli anni, per cui si eseguono esercitazione con numerose parate in sequenza. Queste proposte, oltre ad avere controindicazioni per quanto riguarda l’incolumità fisica degli atleti che con l’insorgere della fatica controllano meno il gesto tecnico, stimolano a livello energetico il meccanismo anaerobico lattacido, che è aspecifico per il ruolo. Alla luce di questo, è consigliabile proporre esercizi che abbiano una breve durata e, qualora si intende effettuare delle parate consecutive, è preferibile compierne due al massimo tre (Filippi, 2006). Nella maggior parte dei casi, come detto precedentemente, in una partita sono generalmente due gli interventi consecutivi. Ragionando quindi sulle due ipotetiche parate, sarebbe più consono che la seconda fosse fatta nella stessa zona di campo in cui è avvenuta, ad esempio, la deviazione sul primo tiro. Questo perché in gara, è raro che il portiere segua un intervento su un tiro alla sua destra, si rialzi e si prepari a chiudere su una palla proveniente dalla sua sinistra. Per allenare efficacemente l’estremo difensore è pertanto, indispensabile conoscere il suo modello di prestazione. Solo in questo modo si possono scegliere i mezzi più adatti per esaltare le caratteristiche necessarie per fornire una buona prestazione.
Concludiamo aggiungendo che in passato era usuale richiedere ai portieri di rialzarsi da terra senza l’utilizzo delle mani o meglio dire della mano. Anche se è pure vero che in certe situazioni ravvicinate e impreviste questo può accadere, riteniamo che la mano possa essere un valido aiuto e, in taluni casi, il portiere debba rapidamente ricercare il contatto con il terreno per ridurre i tempi di rialzata.