La capacità di non mollare, quella di tenere duro rimanendo motivati di fronte alle difficoltà, lo spirito di sacrificio e la capacità di non smettere mai di sperare contro ogni evidenza sono delle caratteristiche, delle capacità che oggi vengono radunate e definite con il termine di resilenza. La resilenza permette di resistere alle pressioni dell’ambiente o di tornare a una vita piena uscendo da una situazione deprimente. Capacità che non sono un fenomeno straordinario ma un fenomeno normale è presente in tutte le persone. Rappresenta la norma, non l’eccezione. Tutti siamo progettati per resistere allo stress e per affrontare problemi e difficoltà. La resilenza, infatti, non è una caratteristica che alcuni posseggono e altri no. I fondamenti della forza di resilenza psicologica si gettano già nella prima infanzia, ma si possono rafforzare anche più avanti negli anni. La resilenza implica atteggiamenti e comportamenti che possono essere appresi, allenati e perfezionati da chiunque, altrimenti rimarranno potenzialità inespresse, attraverso un cambiamento personale.
Nell’attività sportiva. Lo sport è un fantastico campo prova per i metodi di sviluppo di questa capacità. Durante una gara, ma anche durante un allenamento, la fatica che si avverte è una sorta di difesa che il corpo attua per non esaurire il glucosio cerebrale. Il glucosio non viene consumato solo dei muscoli ma anche dal cervello. È sufficiente che il cervello percepisca un leggero calo nel glucosio disponibile per le sue funzioni che subito lancia l’allarme sottoforma di senso di senso di fatica. Se l’efficienza del cervello cala perché non ha energia a sufficienza, Il corpo cede. Ma cede anche quando non ci sono più a disposizione i fattori motivazionali ritenuti molto importanti nelle prestazioni sportive, e in particolare quelle di resistenza. Nello sport, così come nella vita, la resilenza è quella forza interiore, tutta da sviluppare, indispensabile per riuscire a “voltare pagina” e a sapersi reinventare.
Miglioramento. È una delle chiavi per evolvere e per un atleta è fondamentale. Egli deve prendere e accettare le difficoltà che possono capitare durante il suo cammino, come sfide e non come sconfitte. Lo sportivo, comunque, non è solo e spesso aiutato dall’allenatore che dovrebbe conoscere le sue potenzialità, I suoi punti di forza e di debolezza, dovrebbe costruire con l’atleta un progetto di obiettivi raggiungibili, stimolanti, da rivalutare all’occasione, dando feedback adeguati. Per un allenatore dovrebbe essere obiettivo primario far sviluppare questa capacità formando prima l’uomo che l’atleta a resistere allo stress dello sport agonistico.
Francesco Peluso Cassese
Professore associato
Direttore Laboratorio di Ricerca
H.E.R.A.C.L.E – Health Education Research Area
Università Niccolò Cusano
Ewa Jagiela
Laureata in Psicologia
Università Niccolò Cusano