Segnaliamo l’intervista a Morgan De Sanctis pubblicata sul sito dell’ A.I.A.C.
Qual è stata la motivazione che ti ha spinto a scegliere il ruolo del portiere?
Sono nato a Guardiagrele, un paesino in provincia di Chieti, dove potevo giocare per strada senza pericolo, come i nostri genitori e i nostri nonni. Ho iniziato a giocare subito in porta per “esclusione”: gli altri bambini erano più grandi e forse più bravi di me coi piedi. Da bambino non ero alto: sono cresciuto molto intorno ai tredici, quattordici anni. Non si è trattato del classico “tu che sei alto vai in porta”: ho deciso io, consapevole che coi piedi non me la cavavo più di tanto, mentre invece adoravo tuffarmi e non avevo paura di prendere una pallonata in faccia. Allora non ci tenevo a giocare fuori dalla porta, mentre oggi a volte penso che mi piacerebbe non essere portiere per dare una mano… anzi, per meglio dire, i piedi ai miei compagni anche all’attacco. Da quel momento in poi, comunque, ho fatto il portiere senza pentirmene mai. Se devo citare un motivo particolare che mi ha fatto scegliere questo ruolo, confesso che mi hanno sempre affascinato i guanti. Potersi distinguere dagli altri, con guanti, cappellino e maglie di colore diverso, in uno sport di squadra come il calcio, è già una dimostrazione di carattere, necessario al ruolo del portiere.