Il calcio giovanile in Italia, lontano dai riflettori dei grandi club e dalla luccicante finanza del calcio professionistico, è una realtà che spesso si scontra con sfide economiche considerevoli. Il corriere dello sport affronta un viaggio attraverso questa dimensione meno conosciuta del calcio, esploreremo i costi crescenti per le famiglie, le pressioni finanziarie sulle società e la delicata bilancia tra passione e sostenibilità economica.
I costi per le famiglie: una passione a caro prezzo
Nel mondo reale, dove il talento calcistico si forma ancora sui campi di periferia e negli oratori, le famiglie si trovano ad affrontare costi significativi per coltivare la passione dei loro giovani talenti. L’inchiesta rivela un divario netto tra le spese per le attività di base e quelle agonistiche degli Under 12, con le famiglie che devono sostenere quasi il doppio dei costi per le attività giovanili rispetto ai giocatori più grandi. Nei centri urbani come Milano e Roma, i prezzi salgono notevolmente, raggiungendo cifre tra i 600 e i 1000 euro all’anno. La differenza tra club con una prima squadra in categorie prestigiose e quelli concentrati esclusivamente sul settore giovanile è palpabile, con i primi a dover affrontare costi maggiori. La situazione è complicata anche dalla differenza tra regioni, con il Nord che presenta costi più elevati rispetto al Sud.
I costi vivi delle società: un’impresa complessa
Dietro le quinte, le società calcistiche giovanili si trovano a gestire costi significativi che vanno oltre le rette di iscrizione. Istruttori, personale, utenze, strutture, iscrizioni ai campionati, scouting e trasporti rappresentano solo una parte degli oneri finanziari. La recente riforma, se da un lato ha conferito dignità a un settore spesso sommerso, ha portato con sé un aumento di norme e burocrazia, rendendo ancor più complesso il gestire il calcio di base. Le società dilettantistiche, che spesso fungono da pilastri sociali nelle comunità, si sono trovate a dover affrontare nuove sfide. La fine del volontariato, la crescita delle spese burocratiche e l’abolizione del vincolo pluriennale hanno reso la gestione del calcio di base un’impresa sempre più complessa. La formazione dei giovani talenti, una volta una fonte di reddito grazie ai cartellini, è ora compromessa dalla possibilità che le grandi squadre portino via gratuitamente i frutti di anni di investimento.
Un patrimonio sociale: oltre il calcio
Tuttavia, queste società non sono solo centri sportivi; rappresentano veri e propri patrimoni sociali. Dall’inclusione dei diversamente abili alla promozione di progetti sociali e culturali, molte di esse hanno un impatto positivo nella comunità. La questione finanziaria rischia di minare la spina dorsale del calcio italiano, con il pericolo di perdere di vista il bacino di talenti che ha un tempo alimentato le glorie del calcio nazionale. Affrontare queste sfide richiederà un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle società e delle famiglie per garantire che il calcio giovanile possa prosperare e continuare a essere un motore per il talento del calcio italiano.
Nel frattempo, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha annunciato l’apertura di un bando per l’assunzione di 1.740 docenti di Educazione motoria, un passo decisivo per aumentare la presenza dello sport nel sistema educativo italiano. “Questa nuova iniziativa offre un’importante opportunità per incrementare l’importanza dello sport nelle scuole pubbliche e contribuire così al benessere psico-fisico di studentesse e studenti che frequentano le scuole italiane. Condivido con il collega Valditara l’obiettivo di garantire, entro il 2027, l’educazione motoria anche nei primi anni di scuola”, ha affermato Abodi. “Speriamo inoltre di migliorare il numero di ore settimanali dedicate all’attività motoria e all’educazione fisica nelle scuole primarie, di primo e secondo grado.” Affidiamo a questa iniziativa il ruolo di catalizzatore per il progresso del calcio giovanile e di tutto lo sport italiano.